di Luigi Cortese
Sulla testata giornalistica Asahi Shimbun, una delle quattro più importanti del Giappone, è apparso un articolo che metteva in discussione la politica di implementazione della difesa nazionale, questo se veniva intesa come l’introduzione di altri missili da crociera a lungo raggio di fabbricazione statunitense. Il Giappone sta lavorando all’upgrade dei missili di fabbricazione nazionale per estendere la loro fino a 1.000 km, ma questo traguardo è previsto per il 2026.Se il Giappone acquisirà la capacità di colpire le basi nemiche, si legge nell’articolo, la tradizionale divisione dei ruoli tra le SDF, che dovrebbe essere uno “scudo” difensivo, e le forze statunitensi di stanza in Giappone, che fungono da “lancia” per gli attacchi, cambierà inevitabilmente.
Lo scorso ottobre il Presidente degli USA, Biden, ha annunciato la sua nuova “Strategia di difesa nazionale”, che delinea la cosiddetta “deterrenza integrata”, creando un’unione tra le capacità di difesa degli Stati Uniti e dei suoi alleati per rispondere alle minacce alla sicurezza, ed invitando gli alleati stessi a incrementare i loro investimenti al fine di rafforzare la deterrenza.
Il Primo Ministro giapponese Fumio Kishida, in risposta alla richiesta dell’alleato americano, sta imponendo un forte aumento della spesa per la difesa e l’introduzione di capacità per colpire le basi nemiche. Per questo sta riforma, de facto, l’art. 9 della Costituzione introdotta da Shinzo Abe nel 2014, riaprendo la corsa agli armamenti del Giappone.
Ma Asahi Shimbun mette l’accento su una particolare situazione, se da una parte c’è l’alleanza di sicurezza di Tokyo con Washington, dall’altra c’è la partecipazione del Giappone nel progetto petrolifero e del gas Sakhalin-1 della Russia.
Il Presidente Russo nel mese di ottobre ha firmato un decreto con cui cambiava la Sakhalin-1, con la creazione da parte dello Stato di una nuova entità per la gestione del progetto. Al consorzio giapponese SODECO (Sakhalin Oil and Gas Development Co), è stata offerta la possibilità di mantenere le proprie quote. Il Governo giapponese detiene una partecipazione del 50% nel consorzio. Il Ministro del Commercio giapponese Yasutoshi Nishimura ha dichiarato “Sakhalin-1 è estremamente importante per la sicurezza energetica del Giappone, in quanto rappresenta una fonte preziosa al di fuori del Medio Oriente” (come riportato da Reuters).
Sakhalin-1, in precedenza, era gestito dalla Exxon, statunitense, ma la Russia, all’inizio del 2022, in seguito al ritiro della società dalla Russia, ha nazionalizzato le quote di loro proprietà. Giappone ed India si sono proposti di sostituirla.
Ancora una volta gli americani si trovano a fare alleanze con chi stringe accordi commerciali con la Russia, cosa succederà adesso? Chiederanno al Giappone di uscire dal consorzio? L’Amministratore Delegato di Itochu, Masahiro Okafuji, in un intervista al Financial Times ha dichiarato “a differenza dell’Europa e degli Stati Uniti, il Giappone dipende da oltreoceano per quasi tutto il suo fabbisogno energetico, quindi non è possibile tagliare i ponti con la Russia a causa delle sanzioni. In realtà, non possiamo sopravvivere se non continuiamo a importare dalla Russia, anche se i volumi sono minori”.
Alla luce di quanto detto, e tenendo conto di quanto il Giappone sia legato agli USA, c’è da chiedersi che decisione possa prendere oggi il Governo giapponese, i suoi rappresentanti hanno chiaramente detto che il Giappone non può fare a meno della Russia, come reagiranno gli USA davanti ad un alleato che non ascolta le loro indicazioni? Il Giappone sarà disposto a minare la sua economia per accontentare l’alleato? Nei prossimi mesi assisteremo alla caduta di uno dei due punti, sarà interessante assistere alle reazioni che scaturiranno.