di Luigi Cortese
Preoccupato del risultato delle elezioni di midterm americane, Zelensky cede alla pressioni di Washington per aprire una via al dialogo tra i due paesi in conflitto, chiede alla comunità internazionale di costringere Vladimir Putin ad avere colloqui di pace secondo precise precondizioni.
Le precondizioni richieste per dare avvio ai colloqui di pace sono: ritiro russo dai territori ucraini, riparazione dei danni causati ed il processo per i crimini di guerra. Quello che più salta all’occhio, è che oggi Zelensky non considera più Putin un interlocutore illegittimo, ricordiamo solo quando, il 24 ottobre scorso, dichiarò che il Presidente Russo era un terrorista e che non avrebbe mai trattato con lui.
Il cambiamento di strategia, di Zelensky, è legato a doppio filo anche alle elezioni di midterm americane, con la vittoria, anche se ridimensionata, dei repubblicani le certezze del Presidente ucraino sono venute meno, da sempre il Partito Repubblicano si è detto poco propenso a continuare a fornire armi ed aiuti all’Ucraina. Infine le pressioni per l’avvio di colloqui di pace, sul Presidente Ucraino, arrivano anche dai paesi europei, e nel frattempo sul campo di battaglia iniziano a traballare le poche “certezze” ucraine di una vittoria.
La Russia, che non si è mai detta contraria ad incontri, per ora non ha rilasciato alcuna dichiarazione, ma si può ben comprendere che, il Presidente Putin, non sia ben propenso ad accettare le condizioni dettate dal suo omologo ucraino. Potranno mai i paesi occidentali, che fino ad oggi hanno fomentato il conflitto, intervenire per trovare una strada comune che conduca verso una pace duratura e stabile? Probabilmente questo ruolo spetterà alla Turchia di Erdogan, paese che più di tutti è restato in un recinto diplomatico sul conflitto.