di Luigi Cortese
Ieri nel centro di Istanbul, nel popolare viale pedonale Istiklal, c’è stata un’esplosione che il Presidente Turco Erdogan ha immediatamente definito come “atto di terrorismo”. Il bilancio dell’attentato è di 81 feriti e 6 morti. Il Ministro degli Interni, Suleyman Soylu, aveva dichiarato, all’agenzia di stampa ufficiale Anadolu, “Secondo i nostri accertamenti, il responsabile è l’organizzazione terroristica PKK”.
Il PKK, inserito nella lista dei gruppi terroristici da Ankara e dai suoi alleati occidentali, porta avanti, fin dagli anni Ottanta, un’insurrezione per l’indipendenza del popolo curdo nel sud-est della Turchia. Regolarmente preso di mira dalle operazioni militari turche, il gruppo è anche al centro di una disputa tra la Svezia e la Turchia, che da maggio blocca l’ingresso di Stoccolma nella Nato, accusandola di indulgenza nei confronti del PKK.
Fahrettin Altun, direttore delle comunicazioni presidenziali turche, ha fatto percepire che questo evento potrebbe avere un impatto negativo sulle relazioni tra USA e Turchia, visto il sostegno statunitense ai gruppi curdi nel nord della Siria, dichiarando “La comunità internazionale deve prestare attenzione. Gli attacchi terroristici contro i nostri civili sono conseguenze dirette e indirette del sostegno di alcuni paesi ai gruppi terroristici. Devono cessare immediatamente il loro sostegno diretto e indiretto se vogliono l’amicizia della Turchia”, gli fa da eco il ministro dell’Interno, Soumeylan Soylu, dichiarando che la Turchia non avrebbe accettato messaggi di cordoglio dagli Stati Uniti riguardo all’attacco.
L’agenzia ufficiale di Anadolu ha reso noto l’identità dell’attentatore: sarebbe una donna di nazionalità siriana di nome A. Albashir, che avrebbe confessato, durante l’interrogatorio, di essere stata addestrata dal partito curdo armato Pkk e dalle milizie curde siriane dello Ypg. Nella nota dell’agenzia si apprende che sono state arrestate altre 46 persone, in relazione all’attentato, in 21 punti diversi della città.
L’attentato in Turchia giunge alla vigilia del G20, vertice che partiva già con molte tensioni a causa del conflitto Russo-Ucraino ed alla politica statunitense che osteggia apertamente i Paesi non allineati. Quanto accaduto ad Istanbul andrà ancor più a delineare una divisione netta dei blocchi, da una parte i Paesi allineati alla politica degli Stati Uniti, dall’altra i paesi che hanno deciso di non allinearsi. Siamo davanti all’inizio di una nuova guerra fredda, guerra economica e non di armi questa volta, che vedrà contrapposti gli USA ai paesi dei BRICS.