di filoteo
Anassimandro (610-540 a.C.) è stato un importante astronomo, filosofo e uomo politico vissuto a Mileto. Anassimandro fu allievo del primo filosofo greco della storia, Talete. A differenza del maestro, fu autore di alcune opere, mentre di Talete abbiamo solo qualche frammento. Nello scritto “Intorno alla natura” coniò per la prima volta in filosofia il termine “archè”, che significa “principio”, sebbene Talete già avesse iniziato la ricerca del fondamento del mondo fisico, identificandolo quasi religiosamente nell’acqua. Celebre infatti è l’affermazione di Talete che “il mondo è pieno di dèi”, che rivela come il suo naturalismo acquatico fosse ancora molto legato alle teogonie e mitologie dell’antica Grecia.
Anassimandro, invece, introdusse il discorso dell’archè in una dimensione extrafisica. Potremmo dire, avvalendoci del linguaggio del grande filosofo Aristotele, che Anassimandro è il primo filosofo metafisico, ancor prima di Parmenide di Elea.
Secondo Anassimandro, infatti, nessuno dei classici quattro elementi (acqua, aria, terra, fuoco) è il principio dell’universo, perché ognuno è in contrasto con gli altri. Potremmo dire che la convinzione di molti filosofi naturalisti che ogni elemento, contraddicendosi, generasse un altro elemento, abbia trovato Anassimandro in profondo disaccordo: come è possibile, infatti, detto all’interno della cornice della natura, che dall’acqua derivi l’aria e dall’aria la terra e così via?
L’archè è sì un principio conoscibile, che si può cogliere intuitivamente, ma esso è al contempo inafferrabile perché va colto in maniera extracorporea, sebbene non anticorporea. Anassimandro, rispetto al maestro Talete, che cerca un archè nel mondo fisico, spiega invece che tale archè è costituito dall’apeiron, che in italiano è comunemente reso con “illimitato”.
Con rigore etimologico, potremmo anche affermare che però più che di “illimitato” bisognerebbe parlare di “non-limitato”, il che a prima vista sembrerebbe lo stesso, ma che invece è rivelatore della spontanea adesione di Anassimandro per il “principio di non-contraddizione” (per approfondire la nozione filosofica di limite segnalo particolarmente gli sviluppi nella Teodicea del Beato Antonio Rosmini), che verrà successivamente dimostrato da Aristotele a partire dal principio di identità nei suoi scritti di logica.
L’amico Mauro Stenico, in un suo video didattico sui presocratici, raccontando un episodio della propria giovinezza, ricorda quando il suo professore di filosofia del liceo aveva cercato di rendere l’idea dell’apeiron di Anassimandro rappresentando sulla lavagna un fitto e denso vortice di linee per rendere l’idea di un’energia, di una forza da cui si staccano infiniti moti in uno spazio infinito. Dice il Dottor Stenico che l’apeiron “è l’(I)nfinito che occupa infiniti spazi”.
Ma l’apeiron è infinito solo nello spazio o anche nel tempo? Sul piano della filosofia della scienza, si può rispondere che l’infinito di Anassimandro va considerato non solo in modo spaziale, ma anche temporale, dunque secondo le leggi di una fisica non semplicemente newtoniana, come direbbero i fisici quantistici.
Ciò non deve dunque, a rigor di logica, portare da una parte a cadere in una visione panteistica dell’esistenza, pur presente anche in Platone ed Aristotele, incapace di credere all’esistenza di un Dio che è anche al di là, trascendente rispetto al tempo ed allo spazio, al “mondo” inteso non solo come pianeta o come insieme di galassie, quanto piuttosto come un Uni-Verso, un organismo che ha un inizio (il Big Bang, come direbbe Padre Lematrie, correttamente inteso) ed un Punto Omega (che non è meramente il panteistico “cristo cosmico” di Padre De Chardin, ma piuttosto il conseguimento del paolino “Dio-Tutto in tutti”, dunque la soglia escatologica verso ciò che sta persino oltre il Terzo Cielo).
Dall’altra non è lecito credere nell’esistenza di mondi paralleli con differenti visioni del mondo o filosofie (come vorrebbero i sostenitori i relativisti), ma proprio come sistemi di interconnessioni di mondi paralleli che poggiano su un’unica Verità Rivelata, che è dunque meta-cosmologica, meta-fisica, pur rimanendo misteriosamente presente nelle cose del mondo (e questa è la linea classica del pensiero tardo francescano). Il frate Beato Duns Scoto, nella disputa personale col suo confratello allievo Guglielmo Ockham, successivamente apostata della fede, insisteva sempre sulla bontà divina a monte di un qualsiasi progetto alternativo di sistema di vita, parallelo a quello attuale e possibile a realizzarsi appunto solo passando il vaglio del decoro, dell’amore, come è oggettivamente ed ufficialmente considerato dalla Chiesa di Cristo in questo mondo, custode del Mistero dell’Incarnazione.
Se non è semplice riconoscere, come invece accade al filosofo tedesco Leibnitz, che viviamo nel “migliore dei mondi possibili”, non è invece difficile credere che quando saremo “lassù nel Cielo”, presso l’Infinito, presso l’Apeiron, vedremo il Progetto del Padre “sub specie aeternitatis”, attraverso uno sguardo eterno capace solo di dire “Grazie”, “Gloria” e “Lode”.
Allora, e solo allora, saremo veramente “come angeli” e noi stessi, potremo, ormai salvi per sempre nella Gloria di Dio, partecipare, “entrare” in quegli stessi Atti di Dio nella Creazione e viverli come vita nostra. E saremo noi stessi, per Grazia, la Causa Seconda che fece esclamare al grande Talete che “il mondo è pieno di dèi”. Sì, il mondo è pieno di “figli dell’Altissimo”, di Piccoli Figli del Padre, onnipresenti nel mondo non per essenza, ma in virtù dello Spirito Santo. Più di cent’anni fa, la terziaria domenicana Luisa Piccarreta, ora Serva di Dio, riaprì i canali fatti dal nostro Padre Adamo innocente: cosa aspettiamo dunque ad allargarli, ampliarli e percorrerli per l’eternità?
Non guardiamo solo le stelle, i luccichii, i bagliori, per conoscere “il giorno e l’ora”. No, come Talete stesso ha imparato a sue spese, guardiamo piuttosto di non inciampare per non essere derisi da chi non languisce per Gesù… Questo che viviamo è il migliore dei mondi possibili, ma alla sola condizione che ci crediamo veramente e, condotti dal desiderio di vivere questa verità, ne facciamo esperienza.
Almeno un assaggio di vita angelica ci vuole per diventare veri messaggeri, angeli: come ci ricorda il Libro dell’Apocalisse, “lo spirito di profezia è la testimonianza di Gesù”.
Fiat!