di Chris Baldelli

Nella cella di una delle peggiori prigioni di massima sicurezza del Regno Unito, un uomo lotta contro alcune delle più potenti organizzazioni del mondo, che da oltre un decennio vogliono distruggere l’ordine naturale e sociale.

Non è un criminale, non è un bandito, non è terrorista o un traditore della patria…è un giornalista. Si chiama Julian Assange ed è il fondatore di WikiLeaks, una piattaforma che ha cambiato il modo di fare informazione al giorno d’oggi, sfruttando le risorse della rete e violando in maniera sistematica il segreto di Stato quando quest’ultimo viene utilizzato non per proteggere la sicurezza e l’incolumità dei cittadini ma per nascondere crimini e garantire l’impunità dei padroni della Terra.

Non poteva passare inosservato, doveva essere punito a tutti i costi e soprattutto andava fermato e criminalizzato in tutte le maniere possibili.

Da più di 10 anni vive prigioniero, prima ai domiciliari, poi nella stanza di un’ambasciata, infine dietro le sbarre delle patrie galere. È possibile che a un certo punto venga liberato oppure rimarrà in gabbia in attesa di una sentenza di estradizione negli USA e poi finirà imprigionato per sempre in un carcere americano (dove si potrebbero prospettare per lui concrete possibilità di violazione dei diritti umani ndr). Con lui rischiano tutti i giornalisti della sua organizzazione. L’obiettivo è distruggerli e farlo in modo plateale.

Di questi temi si è discusso nella splendida cornice culturale della biblioteca “San Matteo degli Armeni” di Perugia alla presenza della giornalista del Fatto Quotidiano, Stefania Maurizi, nella presentazione del suo libro “Il potere segreto” che descrive la storia di un’incredibile congiura messa in atto nei confronti del giornalista Julian Assange.

Stefania Maurizi è l’unica giornalista che ha lavorato fin dall’inizio, su tutti i documenti segreti di WikiLeaks, a stretto contatto con Julian Assange, incontrandolo molte volte. Ha contribuito in maniera decisiva alla ricerca della verità, citando in giudizio quattro governi: Stati Uniti, Inghilterra, Svezia e l’Australia; per accedere ai documenti del caso. Gli abusi e le irregolarità emersi da questo lavoro d’inchiesta sono entrati nella battaglia legale ancora in corso per la liberazione del fondatore del giornalista.

Queste le sue parole: “Julian Assange ha aperto uno squarcio senza precedenti in quello che io chiamo il ‘potere segreto’….possiamo anche chiamarlo il ‘complesso militare-industriale di cui parlava il presidente americano Eisenhower, lui che era già un leader militare aveva già previsto alla fine degli anni ‘50 e l’inizio degni anni ‘60 in guardia la sua nazione contro questo enorme potere che non risponde a nessuno, io lo chiamo ‘segreto’ per far capire come sia blindato da questo segreto di Stato che non serve per garantire la sicurezza dei cittadini ma serve a nascondere la criminalità di Stato….”

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