di Luigi Cortese
Il 9 dicembre, il Consiglio Europeo, uno dei due organi decisionali centrali dell’Europa, voterà una direttiva, presentata da Rosa Estraràs Ferragut (PPE), per prevenire la violenza di genere. La proposta non mira a proteggere le donne, cosa su cui tutti siamo d’accordo, ma ad includere le violenze contro la comunità LGBTQ+.
Ci troviamo difronte al tentativo dell’Unione Europea di sancire il concetto di “ideologia gender” in tutti gli stati membri. Praticamente l’Unione Europea ha preparato un cavallo di Troia per far approvare un DDL ZAN europeo, nella direttiva al voto si vorrebbe estende la definizione di crimine d’odio alla cyber-violenza. Quindi chiunque affermasse, sui social, che i generi sono due, maschio e femmina, in difesa del binarismo sessuale e contro l’ideologia gender, sarebbe perseguibile legalmente perché accusato di reato di violenza nei confronti della comunità LGBTQ. La direttiva al voto non si limita alle sanzioni penali, ma suggerisce anche misure di prevenzione “sensibili al gender” che includono “l’educazione intersezionale”. Ciò comporterebbe il subentro dell’educazione gender nelle scuole.
Ci troviamo di nuovo di fronte alla volontà di punire un’idea in quanto tale, e non la violenza, che possa essere fisica o psicologica, diventando così una limitazione della libertà di espressione di milioni di cittadini. Oltre al fatto di voler imporre un’idea annullando il pensiero critico, a favore del pensiero globale e globalizzato.