di Ignoto Uno

“Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” fra pochi giorni l’anniversario, ma …. – Fahimeh Karim, madre di tre figlie, allenatrice di pallavolo, iraniana, il 1 dicembre di questo anno è stata condannata a morte per aver partecipato a Pakdasht, vicino a Teheran, alle manifestazioni contro le leggi che limitano le libertà delle donne nella sua nazione ed aver preso a calci un paramilitare.

Tirare calci durante una manifestazione può causare una condanna a morte in quel di Teheran oggi.

Essere una adolescente che vuole vestire all’occidentale e non indossare un velo sulla testa può voler dire morire sparati o buttati giù da un tetto nell’Iran di oggi. È già successo più di 60 volte in questi due mesi di proteste. Una madre che protesta per la libertà delle sue figlie e tante figlie del popolo iraniano uccise solo perché esprimono una idea di vita diversa da quella “di Stato” nella loro Patria.

Fra pochi giorni sarà il 10 dicembre e, nel 1948, in questa data l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a Parigi, adottò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

In essa l’articolo 1 recita “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

Votarono a favore 48 membri su 58. Nessun paese si dichiarò contrario.

Gli Stati mussulmani erano poco rappresentati in quella Assemblea e alcuni si opposero alla dichiarazione.

Anche oggi gli Stati membri dell’OCI e del Consiglio islamico d’Europa hanno sviluppato dichiarazioni, quali la Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo, in cui vengono espresse posizioni assai lontane da quelle della Dichiarazione Universale.

In essa è l’essere umano il “fondamento” del diritto,  mentre nel mondo musulmano il solo legittimato a regolare i rapporti tra gli individui è Allah.

I principi di uguaglianza, libertà di coscienza e di contrarre matrimonio, oltre alla diversa natura dei sistemi di diritto furono gli elementi di dissenso.

Elementi di particolare distinguo furono l’articolo 16 della Dichiarazione ove si afferma la libertà di contrarre matrimonio senza limitazioni religiose e l’articolo 18 che dichiara la libertà di culto, entrambi in contrasto con la legge islamica.

La Repubblica Federale Cinese, pur avendo aderito alla dichiarazione, già al tempo pose, attraverso un membro della propria delegazione, il filosofo Chung-Shu, alcuni determinanti distinguo sui  principi, dichiarando come la pratica applicazione della Dichiarazione nel sistema sociale cinese fosse ostacolata dal diverso concetto etico delle relazioni sociali e politiche.

I rapporti umani a fondamento della convivenza cinese si basavano, e continuano a basarsi, sul dovere dei cittadini nei confronti del prossimo piuttosto che sulla rivendicazione di personali diritti soggettivi.

Doveri che devono essere resi obbligatori e fatti rispettare dallo Stato.

Chung-Shu propose una sua versione della Dichiarazione che ci permette, ancora oggi, di comprendere il concetto di “centralismo democratico”. Nella sua versione il primo diritto dell’uomo era quello di “vivere”.

Facile denotare la distanza fra chi ritiene la vita un “dono da rispettare” e chi la ritiene un “diritto da garantire”.

Inoltre, esattamente e coerentemente susseguente alla filosofia confuciana, centrale nella cultura cinese, ed alla dottrina comunista, Chun-Shu affermava che il “riconoscimento di un diritto ad un individuo doveva essere bilanciato da un dovere verso la società”.

Il filosofo sosteneva che la vita non dovesse essere solo “decorosa” ma anche “intimamente piacevole”.

Era il 1948, sono trascorsi 74 anni, purtroppo invano.

Anzi sembrerebbe di tutta evidenza che nel nostro occidente tutto, nella nostra Europa e, ancor di più, nella nostra amata Italia la cultura dominante non sembrerebbe più essere quella, allora definita “europeista”, che portò a porre al centro dei diritti umani la persona, ma che, dal mio punto di vista di “cittadino semplice”, abbiano sempre più spazio sia le istanze che vedono l’essere umano sottoposto teocraticamente a Maometto, sia quella cultura “centralista” dello Stato padre e padrone di tradizione cinese.

Solo in questo modo possiamo comprendere, non accettare, il “silenzio” del femminismo occidentale tanto esposto a tutelare le culture LGTB e tanto poco pronto a difendere con i denti la libertà della donna di non indossare un velo.

Ma dove sono le seguaci di quelle urlanti sessantottine che manifestavano urlando “è mia e ne faccio quello che voglio” e difendevano la minigonna?

Allo stesso tempo dove sono i cultori della libertà dell’individuo come supremo aspetto della vita nell’era dei ricatti sul lavoro in era COVID?

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

Ricattare un operatore sanitario, un tutore dell’ordine, un docente di perdere la propria possibilità di garantire una vita dignitosa alla propria famiglia togliendogli il suo lavoro, ed il suo reddito, se non si fosse “vaccinato” contro il Covid19 perché preoccupato del fatto che fosse, ed è ancora, sperimentale e non garantire al gli stessi nemmeno il reddito di cittadinanza che veniva elargito, con grande magnanimità, a tutti, anche agli esponenti di clan malavitosi apparentemente senza reddito ma con la Lamborghini e la villa, questa magari abusiva, come può essere giustificato se non da una “deriva” confuciana e comunista Maoista?

Di pochi giorni fa la sentenza della Corte Costituzionale che capiremo solo allorquando sarà pubblico il dispositivo, per ora anticipato da un comunicato stampa, atto rilevante in termini di indirizzo della comunicazione politica ma non significativo in termini di diritto, noi “cittadini semplici” cultori delle libertà democratiche a noi insegnate dai filosofi greci prima ed illuministi poi, appassionati cultori della Carta Costituzionale Statunitense, nel vedere un serio rischio di deriva “centralista”, con disagio e sconcerto, prendiamo atto della sempre maggiore distanza fra il nostro modo di leggere ed intendere la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e quella di chi, oggi, è chiamato, pro tempore, a governare il nostro occidente tutto.

Questo mi angoscia ma, poi, alzo lo sguardo e vedo tanti che al richiamo della libertà rispondono “io sono con te”, felice mi rassereno e mi unisco a loro, “cittadini semplici” come me.

Share via
Copy link
Powered by Social Snap