di Filoteo
Esser nati è una colpa.
L’esser nati verrà da tutti pagato con la morte.
La separazione dall’apeiron è un difetto.
La separazione dal principio introduce la differenza, la distinzione, che è ciò che rompe l’armonia.
Questa è una colpa che verrà risarcita con la morte.
Tutti gli esseri devono secondo l’ordine del tempo pagare gli uni gli altri il fio della giustizia, che è l’emergere del contrasto.
Scendendo nel cuore di Anassimandro, con spirito di consolazione psicologica, non si può non notare il suo strazio di fronte al senso della vita, posto, come egli fa, che l’apeiron è un mistero non individuabile sensibilmente ed inafferrabile. Anassimandro si ritrova a rassegnarsi ad una visione pessimistica dell’esistenza.
La mitologia greca ha ancora presa sul filosofo della non-limitatezza: Dike, così pensa Anassimandro, l’inflessibile dea della necessità, toglierà la contraddizione della nostra esistenza ingiustamente vissuta dandoci la morte.
Come venire in soccorso di Anassimandro?
Sarà necessario valorizzare l’impegno di Aristotele di Stagira, cronologicamente il primo filosofo metafisico a sostenere la bontà delle cose del mondo, che egli chiama “sostanze”, aprendosi ad una teologia certamente oltre la natura, ma anche desiderosa di risolvere l’aporia, ovvero il problema, tra il senso greco della tragicità di fronte alla necessità e una visione positiva, non pessimistica, del mondo degli elementi e conseguentemente dell’esistenza, compreso il mistero della morte.
Così parla Aristotele di Anassimandro: “Anassimandro dice che il principio dell’elemento degli esseri è l’infinito. Dice che il principio non è un elemento, ma una natura infinita da cui tutti provengono ed esistono. Avendo osservato gli elementi, non poteva porre in alcuno di essi un sostrato [“qualcosa che sta sotto”, e non “sopra” come le anti-metafisiche deistiche del pensiero moderno, n.d.a.], ma qualcos’altro oltre essi. Secondo lui la nascita delle cose non nasce a seguito di mutamenti [cfr. Eraclito, n.d.a.], ma per distacco dei contrari dall’apeiron a causa dell’interno movimento”.
Anassimandro, nelle proprie lamentazioni in merito al senso profondo dell’esistenza, pare esprimersi così: “Io non desidero essere né acqua, né aria, né terra, né fuoco… Non sono nessuna di queste cose, la verità su me stesso deve per forza avere una stabilità senza identificarsi in qualche cosa di sensibile… Il vivere stesso mi pare malvagio, voglio sperdermi nell’archè, ma non posso rappresentarmelo, perché l’archè non è l’acqua, né l’aria, né la terra, né il fuoco… Mi ritrovo ad accettare l’ineluttabilità di un’esistenza come un atto ingiusto meritevole di morte…”
Anassimandro piange il dolore di un uomo di fronte all’errore del (semi)panteismo naturalista come riscatto dal paganesimo immaginario della religione olimpionica:
Perché esiste la vita?
Perché io vivo?
È giusto che io viva?
E chi sono io?
[…]
Due millenni più tardi, anche il Poverello di Assisi, sul Monte de La Verna, nella preghiera chiederà: “Chi sei tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?” (Anonimo, “I fioretti di San Francesco e il cantico del Sole” con introduzione di Adolfo Padovan e 8 tavole, 1915, Ulrico Hoepli editore libraio, Milano).
San Francesco non solo chiede a Dio chi è Lui, ma anche di potersi conoscere davanti a Lui: ecco emergere la domanda psicologica, antropologica, su cosa significhi “essere uomo”, questione che, nella filosofia greca, solo a partire da Socrate s’inizierà ad approfondire.
E noi sappiamo dare una risposta sul significato di “umanità”? In questa società ipertecnologica e supercomunicativa, come può essere definito il senso dell’essere “persona”? E che cosa può darci pace riguardo alla morte? La morte è da accettare, da subire o da comprendere? Perché da tempo si parla di nichilismo, ovvero di morte dei valori spirituali? La filosofia può da sola risolvere la domanda fondamentale sul senso dell’esistenza umana connessa al mistero della morte?
Anche Aristotele, che a quanto pare non condivideva la fede del maestro Platone nella verità dell’immortalità dell’anima, prima di morire disse: “Oh Primo Motore Immobile, abbi pietà di me!” FONTE
Potremmo dire che pure Anassimandro, nonostante abbia l’intenzione di formulare una filosofia dell’illimitato e dell’infinito, proprio a causa del suo pessimismo antropologico (e dunque gnoseologico, cioè conoscitivo) si trovi a presentare, accanto alla metafisica, un’antropologia della morte, un nichilismo antropologico che oggi potrebbe avere un sapore abbastanza heideggeriano (cfr. “Essere e tempo”, l’opera più famosa dell’esistenzialismo novecentesco). Ecco come la filosofia dell’apeiron si risolve in una Tanatodicea (letteralmente dal greco thànatos+dokéo, morte+giudicare, “giustificazione della morte”, mi si perdoni la licenza etimologica), una sorta di teodicea ante-litteram, ma senza la dimensione della morte innestata sulla soteriologia (scienza della Salvezza), ovvero il tentativo di saldare il concetto di morte con quello di peccato (oltre la semplice dimensione della physis, fisica), come è tipico della tradizione filosofico-teologica cristiana (esplicitamente a partire da Gottfried Wilhelm von Leibniz, protestante ma di indole filo-cattolica, e dal Beato Antonio Rosmini, sacerdote cattolico di indole liberale).
Quando frequentavo lo Studio Teologico del Seminario di Verona, Padre Amedeo Cencini, psicologo canossiano di Roma esperto di Viktor Frankl (fondatore della logoterapia, un ramo della psicologia che si interroga sul senso della vita), a lezione usava ripetere che la morte non può trovare senso se non all’interno del mistero pasquale, in particolare della Croce.
Dal punto di vista semplicemente umano, basterebbe riflettere sulla vita di un uomo che fin dai primi istanti di vita sente su di sé il peso di una condanna, che poi, crescendo, egli impara, legge e capisce essere connessa con la morte corporale. Successivamente, acquistando la sapienza, sperimenta, vive e comprende che ci sono anche altri tipi di morte, infinitamente peggiori, oltre a quella fisica, fino al punto di trovare l’umile forza d’insegnare ai suoi amici la via per non avere paura della morte corporale, né rassegnarsi alla condanna della morte spirituale, ovvero quella morte che porrebbe i suoi amici in una condizione di totale irreversibilità, redimendoli, illuminandoli e glorificandoli attraverso l’Opera del Suo Sacrificio perfetto.
Quell’uomo ha un nome: Gesù di Nazareth. L’Uomo-Dio che i cristiani considerano ufficialmente dal IV secolo anche “Dio” attraverso il titolo d’onore di “Figlio di Dio per natura”, mentre tutti noi siamo “figli di Dio per grazia”, per la Grazia liberamente donata dal sacrificio dello stesso Gesù Crocifisso.
Dunque, se Gesù ci insegna a vivere la Scienza della Salvezza, non sarebbe bene accogliere la Sua presenza mediante la Fede, ovvero un semplicissimo “atto di confidenza”, come ama ripetere mio padre (che a suo volta lo ha sentire dire, affettuosamente, da suo padre)?
Meditiamo ora il sublime dialogo tra il Redentore e Luisa Piccarreta:
Luisa Piccarreta, Libro di Cielo, Volume 2, 28 Ottobre 1899
CHI SEI TU E CHI SONO IO?
Questa mattina il mio amabile Gesù è venuto in mezzo ad una luce e guardandomi, come se mi penetrasse dappertutto, tanto che mi sentivo annichilita, mi ha detto: “Chi sono Io e chi sei tu?” Queste parole mi penetravano fin nelle midolla delle ossa e scorgevo l’infinita distanza che passa tra l’Infinito e il finito, tra il Tutto e il niente; non solo, ma vi scorgevo ancora la malizia di questo nulla ed il modo in cui si era infangato, mi pareva come un pesce che nuota nelle acque; così l’anima mia nuotava nel marciume, nei vermi ed in tante altre cose atte solo a mettere orrore alla vista. Oh! Dio, che vista abominevole! L’anima mia avrebbe voluto fuggire dinanzi alla vista di Dio tre volte Santo, ma con altre due parole mi lega, cioè: “Qual è l’Amor mio verso di te? E qual è il tuo contraccambio verso di Me?” Ora, mentre alla prima parola avrei voluto fuggire spaventata dalla sua presenza, alla seconda parola, “qual è l’amor mio verso di te?” mi son trovata inabissata, legata da tutte parti dal suo amore, sicché la mia esistenza era un prodotto dell’amore suo, onde se questo amore fosse cessato, io più non sarei esistita. Quindi, mi pareva che i palpiti del cuore, l’intelligenza e perfino il respiro fossero una riproduzione del suo amore. Io nuotavo in Lui ed anche a voler fuggire mi pareva impossibile a farlo, perché il suo amore dappertutto mi circondava. Il mio amore poi mi pareva come una gocciolina d’acqua gettata nel mare, che scompare, non si sa più discernere. Quante cose ho compreso, ma il volerle dire, andrei troppo per le lunghe. Quindi Gesù è scomparso ed io son rimasta tutta confusa; mi vedevo tutta peccato e nel mio interno imploravo perdono e misericordia. Dopo poco il mio unico Bene è ritornato ed io mi sentivo tutta inzuppata dall’amarezza e dal dolore dei miei peccati e Lui mi ha detto: “Figlia mia, quando un’anima è convinta di aver fatto male nell’offendermi, già fa l’ufficio della Maddalena, che bagnò i miei piedi con le sue lacrime, li unse col balsamo e li asciugò coi suoi capelli. L’anima, quando incomincia a rimirare in sé il male che ha fatto, mi prepara un bagno alle mie piaghe. Vedendo il male, riceve un’amarezza e prova un dolore e con questo viene ad ungere le mie piaghe con un balsamo squisitissimo. Da questa conoscenza, l’anima vorrebbe fare una riparazione e, vedendo l’ingratitudine passata, si sente nascere in sé l’amore verso un Dio tanto buono e vorrebbe mettere la sua vita per attestare l’amore suo e questo sono i capelli, che come tante catene d’oro, la legano all’amore mio.”
Ecco che di fronte alla vita dolorosa di Gesù, la Sua Passione, ogni senso di abbandono, di morte, finisce, perché Lui ha vissuto fino in fondo nella concretezza del mondo, fino anche a morire fisicamente, in giovane età, donandoSi a noi illimitatamente. Pur che Lo desideriamo, Egli stesso ci comunica l’Apeiron, il Principio Infinito: se abbiamo fame di Senso, il balsamo squisito con il quale ungiamo le Sue piaghe, diventa squisito anche per noi! Si potrebbe dire, in maniera un po’ enfatica, che ci accade di sentire il bisogno di quell’esperienza di squisitezza mista a dolore, perché proprio in essa troviamo pace e conforto, un porto sicuro dove riposare dalla nostra inquietudine fondamentale e vocazionale, cominciando così ad esorcizzare la paura della morte.
San Francesco d’Assisi, infatti, seraficamente gioioso nell’amore per il suo Signore, così loda Dio nel Cantico delle Creature, chiamando “sorella” la morte corporale: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali.”
Questa sorella, apparentemente mortale, toglie la vita solo al peccato, al male: essa uccide, sì, ma chi? Uccide quella straniera “morte seconda”, che ai fratelli di questa virtuosa sorella “non farà loro del male”.
“Beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male.”
Il poverello d’Assisi chiama “beati” coloro che il Signore Dio troverà nelle disposizioni di accogliere la morte della volontà umana inappetente, per rimanere nella Volontà di Dio, nella Volontà del Padre Celeste e che è Egli stesso, il Cibo, il Balsamo squisitissimo, che ci impedisce di morire.
Come dice Gesù nell’Ultima Cena e come ci ripete in ogni Santa Messa: “Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi”.
Luisa Piccarreta, Libro di Cielo, Volume 34, 5 gennaio 1936
HO FAME DI TE, DIVINA VOLONTÀ
Mio Dio e mio Signore, Tu vuoi darmi Amore e ricevere da me Amore; Tu vuoi sfogarti in amore con la tua creatura, ed io voglio essere tutto amore per Te, perché Tu possa versare in me tutti i tuoi sfoghi d’amore e le tue dolcezze.
Nel tuo Volere Divino io voglio tutto ricevere dal tuo Amore, ogni cosa come frutto del tuo Amore: ogni croce e sofferenza, ogni circostanza avversa della vita ed ogni difficoltà, sia pur spirituale e, le stesse tentazioni e gli stessi mali, tutto è per me scala per raggiungere il Cielo ed è scala per far scendere il Cielo sulla terra. Niente più mi separerà da Te, mio dolce Gesù, perché sempre la mia volontà voglio sia fusa nella Tua; sento il grande bisogno di fare ciò che fai Tu nella tua Umanità e ripetere le tue stesse parole e, come Te ed in Te, voglio ripetere ciò che fa il Padre e far rivivere il Padre anche nella vita mia come è nella tua Vita. Perché, la Volontà Divina sei Tu stesso, Padre mio, sei Tu, Padre, che vieni a vivere e ad amare e trionfare nei figli tuoi!
Padre mio e mio Dio, io nulla so fare senza la tua Volontà come mia vita, poiché son troppo piccolo ed incapace di tutto; ecco perché io vengo a vivere tutto a spese della tua Volontà Divina ed a prendere tutto dalla tua Volontà, per poterti poi tutto a Te ridare, o mio Sovrano Signore. Voglio fare il commercio più bello: voglio prendere Dio e dare Dio a Dio; voglio che il mio scambio d’amore tra me e Te, Dio mio, sia il riflesso di quello stesso scambio d’amore che corre tra Te, Dio Padre e Te, Figlio Dio, dal quale procedi Tu, Spirito Santo Amore.
Perciò, vieni, Volontà Divina, vieni, ho fame di Te! Vieni a darmi la tua Vita, vieni a saziarmi di Te, altrimenti io muoio. Vieni a nutrire la mia vita di ogni Fiat che esce dalla bocca di Dio. Voglio nutrirmi del Fiat che ricevo nell’aria che respiro, voglio nutrirmi di quel Fiat che ricevo nel cibo che mi nutre e del Fiat che ricevo nell’acqua che mi lava, del Fiat che ricevo nella croce che il fratello mi comunica e del Fiat che ricevo nel camminare e nel parlare; voglio nutrirmi di ogni Fiat che Tu, Signore Dio mio, pronunci in me per creare la tua stessa Vita in me. Voglio nutrirmi tante volte della tua Parola unendo altrettanti miei fiat al Fiat tuo che continuamente a me doni. Voglio, ovunque, in ogni atto che mi porgi, riconoscere e ricevere la Vita della tua Volontà Divina; voglio con Te nutrirmi, o mio amato Gesù, di ogni parola che esce dalla bocca del Padre tuo, in ogni atto ch’io compio, in ogni atto che la Volontà tua Divina mi comunica. Ho fame, ho fame di Te, Volontà Divina! Vieni a nutrirmi di Te, altrimenti io muoio!
CONCLUSIONE
Anassimandro è il primo filosofo genuinamente metafisico, perché ricerca il fondamento delle cose oltre gli elementi naturali. È lo stesso Padre Celeste che muove il suo desiderio a sentire l’intima necessità, opposta alla cattiva necessità della propria religione pagana, a ricercare la verità sul principio di tutte le cose esistenti. Questa Verità verrà in seguito contemplata dal grande filosofo precristiano Platone come teleologia eidetica, ovvero come finalità epi-teofanica, apocalittica, del Demiurgo, il Padre Buono del futuro Gesù di Nazareth, il Dio incarnato che ci ha donato e continua a donarci la Sua stessa Sostanza Divina nell’Eucarestia, il più squisito Pane Quotidiano sulla Terra, pegno del più alto Pane Quotidiano degli Angeli: la Divina Volontà. Come afferma Sant’Ireneo di Lione, “la Gloria di Dio è l’uomo vivente”: come può trovare glorificazione l’uomo se non “vive”, se non mangia quel Pane che, solo, riesce a saziare le viscere della Benedetta, il Grembo che ha accolto Gesù?
“Benedictus fructus ventris tui, Jesus…”
Ave Maria!
SITOGRAFIA
Anassimandro di Mileto: ‘Presocratici – archè – scuola di Mileto’ Lez. 2 a cura del dott. Mauro Stenico (dal canale “Scuola di Filosofia di Fornace”) https://www.youtube.com/watch?v=RM0RCTTQCzY
Platone: https://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/PLATONE_%20IL%20DEMIURGO%20FRA%20LE%20IDEE.htm
San Francesco d’Assisi: Chi sei Tu, chi sono io? (di Fra Antonio Tremigliozzi OFM) https://www.gifraitalia.it/post/2018/09/13/chi-sei-tu-chi-sono-io
Luisa Piccarreta:
Il Regno della mia Divina Volontà in mezzo alle creature. LIBRO DI CIELO. Il richiamo della creatura nell’ordine, al suo posto e nello scopo per cui fu creata da Dio.
Altri brani sull’infinito:
- Volume 26, 7 Aprile 1929
- Volume 26, 30 Luglio 1929
- Volume 33, 27 Ottobre 1935
Weblink al Libro di Cielo:
https://divinavolonta.blogspot.com/ (nota: per cercare citazioni dai 36 Volumi del Libro di Cielo in internet, andare sulla barra di ricerca in alto a sinistra e digitare la parola chiave, successivamente scorrere l’intero volume con lo strumento del browser “Trova”, solitamente in Impostazioni in alto a destra, proseguendo la stessa ricerca nel fondo basso a destra con la selezione della voce “Next Posts”).