di Luigi Cortese

Aristotele definì la moneta come “misura del valore”. Ma Giacinto Auriti ci spiegò, con uno dei suoi scritti, che ” il valore è un rapporto tra fasi di tempo, così, ad esempio, una penna ha valore perché prevediamo di scrivere, quindi il valore è un rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto”.

Secondo le teorie di Auriti, i soldi sono carta straccia che però acquistano valore solamente perché un’insieme di persone lo decide per convenzione, in previsione di poterli utilizzare. In poche parole siamo noi che diamo valore ai soldi. È importante, fra l’altro, ricordare che con la fine degli accordi Bretton Woods, nel 1971, la moneta si sgancia completamente dalla riserva aurea, perdendo completamente la convertibilità in oro.

Giacinto Auriti parla di “valore indotto” della moneta, utilizzando il paragone con la dinamo che, per induzione, tramite il movimento, genera la corrente e quindi la luce. Le persone che decidono “convenzionalmente” di utilizzare una moneta, mettendola in circolo e facendola girare, le attribuiscono, le inducono valore. Il valore indotto del denaro è generato dalla rete di scambi tra i soggetti che stabiliscono di farne uso. Come la luce diventa più forte all’aumentare della velocità di rotazione della dinamo, anche il valore, la forza della moneta, risulta maggiore all’aumentare della sua messa in circolazione. È logico: più le persone utilizzano una moneta, più questa è richiesta e guadagna valore.

Ma detto questo, la domanda più pressante è, di chi è la moneta? Sarebbe naturale pensare che la proprietà della moneta, intesa come simbolo, sia di quell’insieme di persone che accettano per convenzione di attribuirle un valore. Per esempio la vecchia e cara Lira italiana, almeno durante i suoi ultimi vent’anni, non è stata proprietà del popolo, da quando la dicitura “Biglietto di Stato” e “Repubblica Italiana”, pensate alle vecchie 500 Lire di carta, fu sostituita dalla dicitura “Banca d’Italia”, ricordiamo che la Banca d’Italia (Bankitalia S.p.A.) non è assolutamente di proprietà dello Stato italiano, ma una S.p.A. in mano a banche private.

Con l’usurpazione della proprietà della moneta, si è arrivati ad avere le banche centrali che prestano soldi agli stati facendosi pagare interessi. Questo perché c’è un vuoto giuridico, un vuoto che permette alle Banche Centrali di creare moneta dal nulla usurpando la sovranità agli stati. Le Banche Centrali prestano qualcosa che sarebbe di proprietà di altri, stampano banconote dal nulla al costo di pochi centesimi, il valore intrinseco, e le prestano agli Stati per il valore riportato sulla banconota, il valore nominale, più gli interessi.

Come abbiamo visto, il valore dei soldi non è generato, in realtà, dalla banca, ma dall’insieme di persone che convenzionalmente decidono di accettare una determinata valuta.

La proprietà della moneta dovrebbe essere dei cittadini che, stampando la propria unità di misura del valore, genererebbero un reddito di cittadinanza all’atto di emissione, sgravato, fra l’altro, degli interessi dovuti ad una banca privata. Con il sistema imposto dalla dittatura bancaria tutto il denaro in circolazione, la massa monetaria, è essenzialmente un debito nei confronti della banca centrale. Ed è questo il motivo del perché il “debito pubblico” diventa inestinguibile.

 

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