di Luigi Cortese (foto Facebook)
Alberto Asor Rosa, storico e accademico scomparso ieri a Roma all’età di 89 anni. Comunista eretico, tra i firmatari del manifesto di condanna dell’URSS per l’invasione di Budapest.
Marxista, formatosi nel filone “operaista” di Mario Tronti, Alberto Asor Rosa era un uomo di cultura, fervente comunista ma critico con il PCI e della linea autoritaria dell’URSS. A soli 23 anni divenne il più giovane firmatario del “Manifesto dei Centouno” con cui, molti intellettuali comunisti, condannarono l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956.
Asor Rosa fu anche un uomo della politica ma non ne fece la sua attività primaria, nella vita lui si affermò come critico della letteratura e storico dell’Italia medievale e dell’Età Moderna. I suoi studi si concentrarono sull’analisi di Alessandro Manzoni, Niccolò Machiavelli e Giuseppe Ungaretti e sul rapporto tra sviluppi antropologici, cultura e rapporti tra massa e potere. Pur essendo un membro di quell’intellighenzia di sinistra criticò sempre l’approccio della sinistra colta verso le classi operaie.
Fu tra i più aspri critici della svolta della Bolognina, con cui Achille Occhetto volle portare il Pci a divenire Partito Democratico della Sinistra. Fu anche duro critico di Silvio Berlusconi, nel 2011 si distinse per un’accusa al cavaliere di essere un “golpista” e ha accusato di “autoritarismo” Matteo Renzi e Denis Verdini prima del referendum del 2016.
Ad Asor Rosa va il rispetto di un uomo da sempre “controcorrente”, coerente sempre agli schemi “anarchici” che lo contraddistinguevano. Un uomo che si è saputo mettere da parte, come non sempre capita nel mondo della sinistra italiana.