di Gloria Callarelli
Surrogate del calendario liturgico, istituite in funzione di un laicismo imperante e della necessità di una martellante campagna di propaganda sulle tematiche ormai note dell’agenda globalista, le giornate internazionali (inserite appunto in una programmazione annuale) hanno lo scopo (come si legge nel sito) di “informare le persone su questioni importanti, mobilitare le forze politiche nell’incanalare le risorse per risolvere problemi globali e celebrare e rafforzare i successi dell’umanità“. I temi delle giornate internazionali sono sempre collegati ai principali campi d’azione delle Nazioni Unite, ossia: il mantenimento della pace internazionale e della sicurezza; l’avanzamento dello sviluppo sostenibile; la difesa dei diritti umani; la garanzia del diritto internazionale e gli interventi umanitari.
Quindi al posto dei Santi troviamo giornate dedicate alle questioni più disparate: tra una giornata mondiale significativa quale ad esempio quella di solidarietà al popolo palestinese, troviamo quella sul Contrastare i Discorsi d’Odio (laddove nella categoria odio, temiamo, possa essere inserito anche qualsiasi discorso non allineato) o contro la Malaria dove l’impegno, apprendiamo, è quello di investire nel contrasto alla malattia, che sappiamo essere campo caro al filantropo Bill Gates. Oppure abbiamo la giornata della “Madre Terra” o dello Yoga.
Ma la giornata che più balza agli occhi è la “Giornata internazionale di preparazione alle pandemie” che hanno ricordato ieri. Un nome un programma: sì, quello dell’agenda 2030 e del modus operandi governativo globale che abbiamo imparato a conoscere sulla nostra pelle. Perchè, pare di capire, le pandemie diventeranno croniche. Beh del resto il “profeta” Gates lo aveva detto. Quindi restrizioni, imposizioni, veicolazione del pensiero unico temiamo, saranno anch’essi cronici (ma va?). Si legge sul sito che lo scopo dell’istituzione della giornata fu “quello di rafforzare la prevenzione delle epidemie applicando le lezioni apprese sulla gestione delle epidemie e su come prevenire l’interruzione dei servizi di base, e aumentare il livello di preparazione al fine di avere la risposta più tempestiva e adeguata a qualsiasi epidemia che possa insorgere, e riconoscendo anche il valore di un approccio integrato One Health che promuova l’integrazione della salute umana, della salute degli animali e della salute delle piante, nonché dell’ambiente e di altri settori pertinenti“. L’istituzione ufficialmente avvenne nel dicembre 2020.
“C’è un urgente bisogno di avere sistemi sanitari resilienti e solidi, che raggiungano coloro che sono vulnerabili o in situazioni vulnerabili”. Un comunismo sanitario, dunque o se preferite una forma di governo tecno-sanitario globale che è proprio quanto auspicato dal Great Reset. Ah no, scusate, il Great Reset non esiste.