di Roberto Fiore
Mentre il reddito di cittadinanza è il riconoscimento che in Italia vi sono circa 6-7 milioni di persone che non hanno lavoro e che non possono vivere, il reddito alimentare è sintomo di un dato ancora più grave: che esistono milioni di italiani che non solo non riescono a vivere per la problematica lavorativa ma che addirittura non hanno più nulla da mangiare.
Questi due sussidi rappresentano il riconoscimento da parte dello Stato del fatto che le politiche capitaliste e liberiste legate all’Unione Europea hanno creato in Italia un’enorme classe di sottoproletari. Questi, a differenza dei proletari, sono coloro che non hanno un lavoro, condizione che provoca profonda insicurezza rispetto ai figli, cosa che i proletari soffrono meno, e sono coloro che hanno uno stato di povertà endemico che non permette loro di avere una dignità sociale. E’ chiaro che non si può essere contrari all’elargizione di questi redditi perchè il risultato sarebbe la morte delle persone o l’indigenza più totale, che farebbe vergogna allo stesso Terzo Mondo.
Tutte le politiche del lavoro vanno riformate con piani nazionali che diano forza all’economia basata sull’artigianato e sull’agricoltura rendendo l’Italia una nuova potenza economica. Per anni in UK vi è stato un help scheme business in cui la persona disoccupata aveva la possibilità di creare una propria attività e lo Stato si impegnava a coprire, per tre anni, le sue spese e l’affitto dandogli così i mezzi per sbarcare il lunario fino a decollare. Una logica del genere creerebbe una nuova classe di imprenditori che provengono dal popolo e che realizzerebbe senz’altro una nuova economia più strutturata e più radicata nel territorio. La rivoluzione sociale passa anche attraverso uno Stato che fornisca un appoggio serio all’imprenditoria.