di Roberto Fiore (foto: vaticanews.it)
La morte di Papa Benedetto XVI ci induce a fare, da cattolici, una valutazione del suo operato.
Da tradizionalista, da sempre vicino a Mons. Lefebvre, ho beneficiato del chiarissimo “Motu proprio” in cui veniva revocata la scomunica del 1989 e liberalizzata la Messa Tridentina: un atto forte e coraggioso che gli costò l’inizio della campagna sulla pedofilia nella Chiesa, scatenata dagli ambienti liberal americani, e intensificatasi nello stesso periodo dalla prudenza con cui agì nei confronti del Vescovo Williamson (di cui i poteri forti del momento chiesero la scomunica) per delle sue esternazioni su fatti storici controversi che però, secondo Ratzinger, non riguardavano la Dottrina.
Con quelle coraggiose e paterne affermazioni, il Papa divenne nemico del Deep State mondiale. Inoltre nella fase poi acuta dello scontro interno eliminò (lo disse lui stesso in una famosa intervista a Vittorio Messori) la lobby gay che purtroppo pesava nelle dinamiche vaticane. Chi ha la mente attenta ricorderà, poi, che lo scandalo del maggiordomo infedele (che forse infedele non era) mise in luce la volontà di settori cino-vaticani di fare fuori il “pericoloso” Papa; tutto ciò poco prima delle sue stupefacenti dimissioni.
Fonti ben informate, infatti, sostengono che Benedetto XVI si sia dimesso dopo la rimozione dello SWIFT dallo Ior. Ciò significava che la Santa Sede non poteva nè ricevere nè inviare denaro a missioni o a qualsiasi sacerdote nel mondo. Lo Swift venne riattivato nel momento in cui l’elicottero papale toccò il terrazzo della residenza di Castelgandolfo suggellando l’uscita del Papa dalla scena.
Ha quindi combattuto e sofferto e per questo, io penso, ha già di fronte a sé la splendida luce di Dio.
era consapevole dei pericoli che lo attendevano tanto da chiedere ai fedeli “pregate per me perché io non fugga davanti ai lupi”, non aveva tenuto conto del lupo swift bancario.