di A.L.

E’ tendenza diffusa che a fine anno o subito dopo, ci si ritrovi a fare il ”punto della situazione”,  una sorta di bilancio di ciò che è stato o non è stato, di ciò che avrebbe potuto essere ed invece non è, cosicchè  mi chiedo: “Chi sono io per interrompere questa consuetudine, già  utilizzata in questi giorni da  milioni di persone ed esplicitata in innumerevoli modi ed ovunque ?”  Ovviamente la risposta arriva immediata, oltrechè spontanea, per cui non mi azzardo e …. proseguo. A caldo mi vien da dire che, come bilancio in generale si può pensare, con un buon margine di certezza, che quello appena concluso, sia stato un anno disastroso ad epilogo di un triennio altrettanto disastroso ma, volendo utilizzare la chiave di lettura del “bicchiere mezzo pieno”, su un argomento in particolare azzardo nel sostenere una posizione dalle sfumature meno opprimenti.

So bene che è praticamente impossibile applicare il suddetto bicchiere dalle tinte rosè  (mi piace pensare sia un bicchiere di vino, utile a brindare al nuovo anno, giustappunto!) a determinati ambiti quali quello sanitario, devastato da una gestione istituzionale a dir poco priva di competenza e capacità intellettiva, né tantomeno si può utilizzare per la valutazione del corposo elenco di assurdità normative che hanno conseguentemente messo in ginocchio  ospedali ed ambulatori, rese malate o defunte migliaia di persone, impedito  una ragionevole e razionale attività scolastica atta a sviluppare in modo coerente  e proficuo l’apprendimento delle giovani menti, oltre ad aver azzoppato in modo pericolosamente critico, quel gran cavallo di razza che è l’imprenditorialità italiana, impedendole così di correre verso una ripresa economica necessaria come l’aria che respiriamo e che vede travolte e stravolte in primis, le famiglie italiane.

Abbiamo passato tre anni in cui volutamente sono state confuse ed obnubilate le menti delle persone più fragili o suggestionabili, con la  propaganda nazionale dei media asserviti (previo pagamento?) e con ricatti od azioni sociali che, in alcuni tratti, ricordavano quelle parimenti coercitive, usate da altri in altre epoche storiche. Tre anni vissuti  soffocati dietro piccole maschere, che di carnevalesco non avevano proprio nulla, e punturati come se non ci fosse un domani perché, diversamente, avremmo contagiato anche il collega in videoconferenza o saremmo altresì morti in preda a chissà quali sintomi indescrivibili, a causa di un virus che già  dopo il primo anno aveva ormai sviluppato tanti e tali varianti da non  riconoscere più nemmeno sé stesso (hai voglia tu, operatore sanitario dei laboratori di analisi,  ad aumentare i cicli di  controllo per avere a tutti i costi il responso fatidico, quell’esito che permette di definire positivi gran parte dei test effettuati… si, ne hai di voglia, ma soprattutto di coraggio, visto che tutto ciò non ha fatto altro che alimentare quella psicosi che ha inchiodato in modo malsano ed irreversibile, milioni di italiani al muro, o meglio… al vaccino).

Non mi dilungherò aggiungendo altre considerazioni al fiume di parole, pensieri, critiche, approfondimenti, riunioni, dibattiti, manifestazioni, petizioni, dedicati a riguardo della gestione relativa a questa ulteriore, seppur nuova,  epidemia Sars meglio conosciuta come Sars-Cov2 (Covid 19 per gli “amici”),  ma più semplicemente  formulerò una domanda: “Cosa hanno appreso, approfondito, compreso e di conseguenza poi hanno fatto, gli italiani, nel proprio ambito personale, per impedire che una situazione sanitaria, emergenziale tutt’al più solo nel primo anno, prendesse una deriva sociale dalla quale non si potrà più tornare indietro?”

Ecco, è proprio a questo punto del ragionamento che vi servo il bicchiere rosè e la mia risposta, perché è proprio all’interno di questo scenario tra il folle ed il distopico, che emerge la figura del “consapevole”,  sia esso sanitario o privato cittadino, colui il quale, passato il primo velocissimo periodo di disorientamento, ha iniziato ad evolvere  ricercando, approfondendo, staccandosi dall’informazione dei media mainstream che palesemente narravano una realtà manipolata, piena di menzogne ed omissioni.

La figura del “consapevole” è quanto di più positivo la pseudo-pandemia ha generato, creando cosi quella fiumana di neuroni attivi, indiscutibilmente rettivi e propositivi che si è catalizzata in quello “zoccolo duro” che piano piano, complice anche l’aumento delle reazioni avverse, sta coinvolgendo e, ironia della sorte, contagiando coloro i quali  per i più svariati motivi (motivi che nessuno di noi ha il diritto di criticare) si sono lasciati “ipnotizzare” prima dal canto delle sirene farmaceutico-governative e poi soccombendo alla campagna di terrore pensata e realizzata per generare considerevoli profitti a chi ha creato tutta questa “giostra degli orrori”. Oltre al fatto di voler sperimentare questo ulteriore metodo di condizionamento di massa, basato sulla paura della morte causata in questo caso da un “nemico invisibile”, metodo che viene anche applicato, con i dovuti accorgimenti,  anche in altri scenari, quali la crisi climatica,  energetica, monetaria, bellica e così via, ma questa per ora, è un’altra storia.

Il soggetto “consapevole”, dicevo, oggi rappresenta la vera, indiscutibile vittoria di questo periodo storico: è colui il quale fa sperare che non tutto è perduto. Sono milioni i cittadini sparsi ovunque in Europa e nel mondo che stoicamente non si sono piegati alle imposizioni, hanno resistito a qualsiasi ricatto e con acquisita o consolidata cognizione di causa, hanno dimostrato e dimostrano tutt’ora, la validità di ciò che da ormai due anni abbondanti, risulta palese a chiunque. Il  “consapevole”  infatti è la prova tangibile che oggi, come del resto già oltre due anni fa, il covid si può curare a domicilio, ricorrendo all’ospedalizzazione ed alle terapie intensive solo in caso di aggravamento soggettivo, a causa di patologie pre-esistenti.

Mentre osservo ancora il  bicchiere immaginario, proseguo velocemente nella carrellata mentale degli eventi di questo ultimo anno, ma anche dei due precedenti, che in diversi momenti mi hanno vista coinvolta in determinate situazioni di “consapevolezza” condivise con amici in presenza, via web o sui palchi nelle piazze; momenti di confronto grazie ai quali ho rafforzato la mia convinzione riguardo al vero senso delle cose rispetto agli accadimenti. Ora mi sorge spontaneo un sincero ed accorato augurio, per questo nuovo anno, che voglio indirizzare  a tutti coloro che ancora  non hanno avuto modo di  superare la soglia di demarcazione, quella soglia che li riporterà ad essere di nuovo protagonisti della propria esistenza. Auguro loro di non essere più meri esecutori di decisioni scellerate, calate dall’alto da personaggi opportunisti, avidi e pavidi, ma di riscoprire il coraggio insito in ognuno di loro, che permetta di vivere la propria quotidianità da “consapevoli” e serenamente,  come chiunque merita.

Concludo sottolineando che per diventare un “consapevole” non serve una laurea od un master in Cognizione Universale, è sufficiente “risvegliare la curiosità”, riscoprire il voler sapere e capire, ascoltare, per non fossilizzarsi  su ciò che viene propinato attraverso la tv, strumento ormai divenuto dannoso e malato tanto quanto i virus stessi, serve davvero poco, magari qualche semplice e stimolante chiacchierata tra amici consapevoli,  sorseggiando “mezzo bicchiere pieno” di rosè.

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