di Gloria Callarelli

Andrea B. Nardi è un intellettuale, saggista, romanziere, traduttore, da tempo impegnato a denunciare gli abomini del sistema bancario internazionale. Lo Stato senza tasse è il suo recente studio su come lo Stato potrebbe, e dovrebbe, abolire la tassazione ai cittadini poiché “essa non ha alcuna attinenza col finanziamento della spesa pubblica”.

Per prima cosa notiamo che in questo libro il linguaggio è assai semplice, fruibile anche da chi non abbia una preparazione economica.

Infatti. Lo scopo è avvicinare la gente comune a questi temi ritenuti erroneamente troppo specialistici. In realtà i principi filosofici su cui accentriamo la nostra critica sono facilmente coglibili da tutti se illustrati in modo lineare, così ho tentato di spiegare con chiarezza i meccanismi monetari che stanno alla base dei nostri sistemi politico-economici.

Meccanismi che lei ritiene completamente errati se non addirittura truffaldini, da cui discende l’auspicabile abolizione dell’imposizione fiscale. Può illustrarceli brevemente?

Un tempo si aveva l’assurda convinzione che il denaro dovesse essere garantito in un qualcosa d’altro con cui convertirlo, solitamente l’oro, e quindi non vi potesse essere in circolazione più denaro di quanto oro fosse custodito in fantomatici depositi (dove in realtà non c’è mai assolutamente stato sufficiente oro a coprire tutto il denaro esistente, trattandosi di una solenne frode secolare). Quest’idea si sviluppò principalmente in Occidente, caldeggiata dai primi banchieri e usurai, mentre, per esempio, la Cina non fece mai quest’errore, usando già anticamente il denaro soltanto come simbolo di un credito e niente di più. Negli anni ’70 del Novecento si è finalmente abbandonata per legge la stupida convertibilità della moneta, ma molte persone pensano ancora che essa esista. Oggi abbiamo dottrine accademiche di alto profilo che spiegano come il denaro sia solo il simbolo del rapporto tra un creditore e un debitore, il pagamento di un lavoro, e in pratica esso sia solo l’unità di misura del lavoro: si è fornito un lavoro (beni o servizi) per un certo valore, e il denaro è soltanto la certificazione su carta o digitale del valore del lavoro eseguito, è l’unità di misura del valore del lavoro, come i litri e i chilogrammi lo sono della capacità e della massa. Dire che lo Stato non ha soldi, che sono finiti i soldi, è come dire che non si può costruire una strada perché sono finiti i metri… I soldi si creano automaticamente dal nulla nel momento stesso in cui si è eseguito un lavoro, dacché in pratica sono solo un contratto: ecco perché non occorrono le tasse. Questa non è una teoria, è un dato di fatto, acclarato ancor di più – se ve ne fosse bisogno – dalle dichiarazioni verbalizzate dei direttori di FED e BCE quando affermano di creare denaro con un click sui computer per sostenere i pagamenti, senza aver assolutamente bisogno di cercare il denaro dai contribuenti. E ciò è ampiamente dimostrato nella storia quando alcuni Paesi hanno in passato creato denaro dal nulla tramite i ministeri statali, senza passare attraverso le banche private. Quindi tutto il denaro è creato dal nulla dagli enti preposti che con esso pagano il lavoro eseguito (dipendenti pubblici, appaltatori, fornitori, mutuatari…), mettendo in circolazione appunto il denaro stesso: il problema è che oggi esso non è creato dagli organi statali (tranne che in Cina) bensì dalle banche centrali private che a loro volta lo imprestano agli Stati dietro interessi: ciò non ha alcuna ragione né senso, è una follia, la più grande truffa della storia dell’umanità. Per realizzarlo in Italia come negli altri Paesi europei bisogna innanzitutto uscire dal vergognoso sistema della BCE e riappropriarsi di una moneta sovrana, facendola emettere non a una banca centrale privata, esponente della mafia finanziaria globale, ma dal ministero del tesoro pubblico.

Quindi lo Stato si finanzierebbe semplicemente utilizzando la moneta che a sua volta si crea automaticamente in presenza del lavoro?

Esattamente. Come insegnato non solo oggi negli atenei americani e australiani e in vari altri Paesi dove ha preso corpo la Modern Monetary Theory, ma anche in passato negli studi di grandi economisti e pensatori, lo Stato può e deve creare dal nulla la moneta che gli occorre, senza temere inflazione almeno fino alla piena occupazione, o, meglio, come dico io, finché esisterà la necessità del lavoro, cioè per sempre. Infatti, dal momento che lo Stato deve servirsi del lavoro dei suoi cittadini per vivere, tale lavoro avrà un preciso corrispettivo di valore (lo stipendio del dipendente, il prezzo della fornitura, il costo dell’appalto), e questo valore automaticamente si trasforma in moneta, in denaro, che altro non è se non un contratto convenzionale tra il creditore che ha compiuto il lavoro e il debitore che ha usufruito del suo lavoro. Fino a che la moneta assolve questo compito, l’inflazione non avrà nulla a che farci, ed essa sarà illimitata. Mai più la menzogna dello Stato senza soldi.

Ed ecco che si arriva all’idea di fondo del saggio: le tasse non servono…

Le tasse non servono assolutamente a sostenere la spesa pubblica: essa si può sostenere e potenziare molto di più pur e tanto più in assenza di tassazione. Le tasse sono soltanto un furto odioso a danno dei cittadini e occorre abolirle. Abolire le tasse permette una crescita economica e un progresso politico, sociale e culturale senza precedenti. La società contemporanea ha necessità di compiere una nuova rivoluzione copernicana in funzione di un rinnovamento della democrazia: per farlo, deve abbandonare radicalmente le attuali politiche economiche e fiscali repressive, autoritarie, liberticide, create per favorire il potere bancario privato, e adottare il nuovo sistema di finanziamento pubblico di cui sopra.

Ma, come detto prima, oggi il denaro è già creato dal nulla, no?

Certamente, però l’aberrazione è che, invece d’essere creato dagli Stati sovrani tramite enti totalmente e realmente statali come i ministeri del tesoro, esso è prodotto dalle banche centrali che sono di fatto private. Queste poi lo elemosinano agli Stati imprestandoglielo dietro interessi e ricatti vari. Perciò la prima guerra politica dev’essere contro le banche, le quali sono le dirette responsabili di tutte le tragedie umane e sociali, una cosca mafiosa che soggioga senza alcuna ragione i popoli del pianeta. L’unica nazione che oggi ha una banca centrale di proprietà statale è la Cina, non per niente passata dall’avere 40 milioni di morti per fame a prima potenza economica mondiale, e non certo tassando i suoi contadini.

Nella geometria del suo Stato ideale, quindi, non avrebbe più luogo alcuna imposizione fiscale?

No, non per i comuni cittadini. Potrebbe esserci nei confronti di determinate aziende commerciali in funzione di una precisa strategia industriale: per esempio, ove si volesse favorire lo sviluppo di una produzione invece di un’altra. E dovrebbe sussistere una possibilità di gravami fiscali contro lo strapotere di multinazionali commerciali e finanziarie il cui strapotere patrimoniale risulti prevaricatorio verso la repubblica e pericoloso per la democrazia.

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