di Simone D’Aurelio

Come tutti gli anni da diverso tempo a questa parte l’Italia si ferma per guardare Sanremo. Oltre agli ascolti dobbiamo dire che i giornali mainstream si focalizzano in maniera ossessiva su questo festival: d’altronde i padroni del discorso ci portano solo dove c’è convenienza. E dal martellamento dei televirologi fino alla caccia ai putiniani d’Italia, qualsiasi argomento diventa la priorità assoluta e nello stesso tempo finisce in sordina quando non è più utile alla causa politica.

Ma analizziamo il Festival: ciò che colpisce di più di tutti è che Sanremo ci mostra cos’è diventata l’arte in Italia, ovvero semplice propaganda. La lista degli ospiti è tutta totalmente allineata all’interno di una determinata visione antropologica, politica, filosofica e sociologica. Non c’è nel festival un cantante o un autore che si pone in controtendenza di fronte al pensiero “liquido-finanziario” tipico di quest’epoca, ma non solo. Può sembrare scontato, ma tutto ciò è un rimando allo status dell’arte di oggi: sembra infatti che sia importante non tanto se sei un’artista o no, ciò che conta oggi è che tipo di messaggi mandi e quanto sei commercializzabile. Il successo di molti cantanti non sembra collegato al particolare talento musicale, bensì pare correlato al loro stile di vita, a ciò che dicono nei social, e a ciò che menzionano nei loro testi.

Ma se Sanremo è pura propaganda, le icone di riferimento delle nuove generazioni sono quanto di più povero si possa ricercare al giorno d’oggi e la loro influenza negativa sarà con noi per parecchio tempo, dal narcisismo di Blanco fino alla volgarità di Elodie. Il gesto teatrale, con l’orchestra che continua a suonare è solo l’esaltazione del self mad children: Blanco incarna l’esistenza di chi vuole essere libero da tutto ma condanna se stesso; l’autoreferenzialità assoluta, il narcisismo portato alla massima potenza, lo porta a fare tutto ciò che vuole, e fa capire senza mezzi termini che i giovani devono rescindere da qualsiasi figura, ed essere gli unici protagonisti della scena anche a scapito degli altri che devono stare al nostro gioco.

I ragazzi di oggi si vestono, si atteggiano, si fotografano e usano lo stesso linguaggio di queste moderne “popstar”, anzi comprano anche gli stessi occhialini geometricamente discutibili a forma di rombo, e ciò che colpisce è che sembrano anche loro in parte tormentati come lo sono questi artisti: l’assoluta rottura con qualsiasi riferimento all’infuori di se stessi li porta all’interno di un vortice di disagio esistenziale da dove non sembrano più uscire, ed ecco però che con questa visione filosofica l’altro si tramuta in un’oggetto, e diventa solo il mezzo per arrivare al nostro fine. A Sanremo dei testi misogini di Fedez non si parla, così come non si parlerà mai di Madame che ha visto i suoi fan come quelli che non devono farsi foto con lei se non comprano il suo cd (ovvero dei portafogli viventi), questi problemi esistenziali per loro non esistono.

Ma Sanremo oltre a essere una denuncia sociologica dei nostri tempi bui contraddistinti dal disorientamento ontologico, è anche l’eterna marcia politica della nuova sinistra sempre impegnata nell’antifascismo in assenza di fascismo, ma come sempre non c’è una parola sul ceto medio, sulle bollette, sul disagio di questa vita e di questi ritmi dove siamo sempre più schiavi del globalismo, non c’è mezza chiosa sui problemi che generano le multinazionali, sul disastro delle pmi, e sui contratti da 800 euro al mese per i plurilaureati.

E tra amnesie sempre molto comode e sproloqui, i paladini del politicamente corretto parlano di eterna difesa della Costituzione quando molti di loro fino a pochi mesi fa si divertivano a vedere come milioni d’italiani erano esclusi dal lavoro, dalla vita sociale, e anche dal dibattito, ma non solo. Sanremo, oggi, è anche il monologo dell’ipocrisia: Benigni elogia la Costituzione che voleva cambiare, e insieme a Mattarella dicono di difenderla. Non c’è mezza parola sulla nostra entrata in guerra che ci sta costando miliardi di euro. Guerra che l’Italia stessa ripudia nella sua stessa Costituzione come aveva sottolineato Ugo Mattei diversi mesi fa, e come sempre inascoltato.

Le ultime note dolenti riguardano i temi religiosi: questa è una costante presente in Sanremo da molti anni, dove ormai siamo al limite con la blasfemia. Ogni infatti volta il Cristianesimo viene ridicolizzato di fronte a milioni d’italiani, le presunte star impongono di auto esaltarsi fino a divinizzarsi, senza però essere mai contro il potere unico, in questo caso si perde la divinizzazione. Da veri e propri finti ribelli come Fedez firmano contratti con Amazon e con le multinazionali per non parlare dei moderni schiavi e poi dicono di essere controcorrente in un monologo dove dichiarano tutti esattamente la stessa cosa.

E per chiudere la visione solipsistica ci vuole Chiara Ferragni, il nuovo idolo delle donne moderne, passate dal voler essere letterine al sognare di fare influencer grazie a lei, che impone modelli ipercompetitivi e al limite delle possibilità umane. Lei che in chiusura lancia un messaggio: “pensati libera”. Certo però che se la libertà esiste teologicamente e  filosoficamente parlando, il suo prezzo non è quantificabile in euro, e tutto ciò stona, con la più grande regina della commercializzazione, che ha dato il via in Italia alla mercificazione della propria immagine e di tutto ciò che fino ad oggi ci è lecito immaginare.

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