di Luigi Cortese

Quando le polemiche sul festival di Sanremo non si sono ancora placate, ecco che per l’esecutivo arriva un nuovo guaio: Silvio Berlusconi, uscendo dal seggio dopo il voto per le Regionali, parla del Presidente Ucraino dicendo chiaramente che la colpa della guerra ad oggi è ascrivibile a lui visto che ha continuato a bombardare le repubbliche separatiste del Donbass.

L’esecutivo sembrerebbe seriamente preoccupato delle uscite dell’ex Premier, sia per l’esito delle regionali che per la tenuta della maggioranza. Tanto che a meno di un ora dalle dichiarazioni berlusconiane viene diramata una nota, che non cita Berlusconi, e che esterna l’abissale distanza tra le dichiarazioni del capo di Forza Italia con il governo, ribadendo in sintesi che il sostegno del governo a Kiev è “saldo e convinto”, richiamando il programma elettorale e ricordando che la maggioranza si è espressa a favore dell’Ucraina in “tutti i voti parlamentari”. Un avvertimento a Silvio Berlusconi per dirgli che se vuole restare dentro il perimetro della coalizione deve muoversi nel solco atlantista di Washington, Bruxelles e Roma e smettendola di strizzare l’occhio a Putin.

La posizione di Giorgia Meloni è ormai nota, al di là della sua storia politica, delle promesse elettorali e di tanti e tanti discorsi di quando era all’opposizione. Oggi il suo posizionamento è chiaro, saldamente filo atlantista ed europeista. Sono ormai lontani i giorni in cui guardava a Putin ed alla Russia come partner politico. I giorni in cui dichiarava “Putin difende i valori europei e l’identità cristiana”. Bei tempi in cui poteva essere libera di essere Giorgia senza le restrizioni del ruolo di Palazzo Chigi.

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