di Vittoria Fiore

Un tempo era la filosofia ad indagare i grandi misteri della vita, dell’universo e della coscienza, oggi invece è diventato soprattutto interesse dell’ingegneria, delle neuroscienze e della biochimica, che cercano il modo di riprodurre questi processi artificialmente e portano l’uomo non solo a voler dominare la realtà, ma direttamente a crearla. Diventa così tutto riducibile a leggi meccaniche e materiali, compresa la vita stessa.

Questo interesse lo abbiamo visto poco tempo fa con la nuova invenzione di OpenAI: ChatGPT, un modello pre-addestrato che utilizza l’apprendimento automatico per generare un testo che assomiglia a quello umano. Finora l’intelligenza artificiale era stata in grado di leggere e scrivere un testo ma non di comprenderne i contenuti e quindi di svolgere in pochi istanti attività che prima richiedevano ore di lavoro. Dopo questa invenzione i robot con la coscienza non saranno più un utopia. Aziende come Microsoft, personaggi come il fondatore Bill Gates, stanno puntando miliardi di dollari su questa nuova tecnologia e hanno definito questo chatbot alla base del cambiamento epocale.

Se da un lato, quindi, vediamo sempre più acceso il tentativo di snaturare l’uomo, dall’altro, c’è la volontà di attribuire caratteristiche umane come la coscienza alle macchine, nella vana illusione di elevare l’uomo al rango di “creatore”. Ed ecco che poi l’uomo diventa ancora una volta schiavo delle sue stesse creazioni, sempre più evolute e “pericolose”. Il pericolo è infatti che le nostre creazioni ci limitino o diventino più grandi di noi. Anche se le creazioni umane possono essere rivoluzionarie e innovative non bisogna dimenticare il valore delle tradizioni e dei valori umani fondamentali. La sfida dell’uomo è quella di trovare l’equilibrio tra queste innovazioni e le tradizioni; creare ed innovare senza perdere ciò che ci rende veramente umani.

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