di Gloria Callarelli
Cos’hanno in comune in questo periodo le industrie big tech della Silicon Valley? A parte i quattrini, sicuramente migliaia di dipendenti lasciati a casa nel giro di qualche mese.
Non parliamo di piccole e medie aziende di settori in crisi, ma di multinazionali parte di quel mondo che dopo lo scoppio del Covid hanno incrementato potere e fatturato. Microsoft, Twitter, Meta-Facebook, Amazon, Tesla. Vediamo qualche esempio. Microsoft prevede di licenziare circa 10.000 dipendenti entro il prossimo mese, così in una nota l’azienda fa sapere del taglio importante che riguarda il 5% circa dei suoi dipendenti. Decisione presa, a detta del colosso, a causa delle condizioni economiche. Detto da Microsoft, non c’è che dire, fa un certo che. Meta, dopo i tagli di novembre, notizia fresca fresca di ieri, non esclude altri licenziamenti. Non è da meno Amazon che ha annunciato, invece, di voler lasciare a casa circa 18mila dipendenti. Twitter nel 2022 ha utilizzato una vera e propria ghigliottina per “snellire” il personale. Il panico generato per la piazza pulita fatta in azienda sembrava aver convinto il miliardario Musk, che nel frattempo con humor nero si diverte a nominare nuovo CEO della multinazionale il suo cane, a interrompere i licenziamenti. Questo fino a poche ore fa quando è ripartito il leit-motiv dei tagli. Sulla stessa linea Google, Netflix e via dicendo, anche se con numeri inferiori.
Ma come è possibile che aziende che hanno utili un giorno sì e l’altro pure siano così in crisi? Ufficialmente ci fanno sapere che dopo la cuccagna degli “arresti domiciliari” del periodo Covid, in cui tutti questi paperoni del tech hanno realizzato una quantità incredibile di soldi, si è giunti oggi ad un periodo di relativa stabilità del settore. Per cui eventuali assunzioni effettuate in precedenza, dicono, rappresentano oggi un problema, magari un peso di cui fare possibilmente a meno.
E così via ai licenziamenti. Peccato che gli stessi colossi trovino poi in saccoccia miliardi per investire nell’Intelligenza artificiale e nelle politiche transumaniste. Twitter ha preferito mettere soldi sull’AI anzichè sull’uomo per censurare più celermente i post di odio e la diffusione delle fake news. Così pure Microsoft che non ha denaro per i suoi dipendenti, li ha per investire miliardi su ChatGPT. Amazon, infine, in tre anni ha investito oltre 400 milioni di euro in tecnologie. Mica due spiccioli.
Insomma le manovre appaiono abbastanza evidenti: si preferisce investire nel capitale “inumano” anzichè negli uomini. In pratica il datore di lavoro, in perfetta filosofia transumanista, preferisce investire nelle macchine e nei robot piuttosto che nelle persone. Più efficienti, forse. Capite? Oggi vale per le lobby tech, domani varrà per i servizi, la ristorazione (le multinazionali lo hanno già fatto) e così via. Così: distruggendo la piccola e media impresa, distruggendo il tessuto economico di un Paese, distruggendo il settore agricolo, alimentare ed impoverendo quello energetico in nome di un green insostenibile da un punto di vista ambientale, sociale e per la quantità di risorse richieste, infine impoverendo di rimando il popolo, le lobby, stanno sferrando un attacco potente alla nostra vita, preparando la strada ad una forma di schiavitù barbara e diabolica, ad una società fantasma popolata di automi.
Preferiamo il negozio della porta accanto, preferiamo i genuini prodotti della terra, preferiamo i rapporti umani, preferiamo la vita così come l’abbiamo sempre conosciuta. Perchè domani, se continuiamo ad accettare ciecamente i loro sistemi di vita e a conformarci al mondo che loro ci stanno costruendo, finiremo, senza nemmeno accorgerci, dritti dritti all’inferno.