di Simone D’Aurelio
La parola teofobia non è quasi mai usata nella nostra società, eppure le domande da farci al riguardo sono molte perchè questa cultura nella quale viviamo sembra totalmente allergica al sacro.
Ciò che vediamo infatti, è davvero preoccupante: dalla contestazione ai crocifissi, fino ai continui sfottò teofobici fatti dalle popstar, oggi possiamo dire che il cristianesimo è scomodo, così come in seconda linea, la religione nel suo insieme. C’è un’intero blocco culturale, che vuole sempre far passare infatti la fede come bigottismo, ignoranza, e infantilità, e la tolleranza verso tutto ciò che è trascendente è sempre meno; la religione oggi per l’Europa deve essere tenuta nel privato, e di essa non bisogna parlare. Eppure senza di essa, filosoficamente, non vi sarà mai un limite alla follia dell’uomo: il comunismo è uno degli esempi più lampanti, fondati sulla teofobia.
Dostoevskij l’aveva ben capito tanto da arrivare a dire: “Se Dio non esiste tutto è permesso”.
Ma se guardiamo le cose in profondità possiamo capire che questa teofobia è funzionale agli equilibri economici, sociali e politici del nostro tempo, tra loro strettamente collegati. Gli uomini senza nessun tipo di valori, senza nessun richiamo alla trascendenza, senza principi sono i soggetti più fragile ed i più manipolabili in assoluto.
L’erosione del divino se guardata attentamente porta alla distruzione di ogni limite, tolto Dio, infatti, ogni cosa sarà commercializzabile e il bene e male diventano solo delle prospettive che vengono disegnate dai giornalisti di turno. Senza Dio, infatti, la nozione di bene, di verità e di giustizia, ma anche di senso, e di responsabilità assumono una dimensione relativa, astratta e insostenibile. Tutto questo può creare dei consumatori perfetti, e dei sudditi perfetti, e in tutto questo la sinistra oggi vuole escludere completamente ogni traccia del sacro e le ragioni sono evidenti; la loro concezione di uguaglianza, di diritti, di morale e di etica, ma anche la condizione politica, antropologica ed istituzionale diventa insostenibile se l’uomo si relaziona con Dio.
Ma non c’è solo questo: la storia della religione si inserisce facendo incontrare all’uomo la strada dell’essere, che è una via impegnativa, ma che ha portato a realizzare l’esistenza di moltissime persone, e tutto ciò è in totale contrasto con il mondo di oggi che con le sue superstar fa pensare che per realizzarsi bisogna autoesaltarsi e consumare senza limiti tutto ciò che vogliamo. Questa cultura antepone al discorso qualitativo un discorso quantitativo: oggi non importa chi sei ma quanti soldi hai, non importa cosa pensi ma se sei d’accordo con loro oppure no. L’essere viene sostituito dall’apparire, la ricerca della verità e delle giustizia è totalmente ignorata per far spazio al profitto. Le domande metafisiche sono ormai ignorate e rimangono solo quelle fisiche ed utilitaristiche, del tutto sterili. E’ un mondo pratico, ricco materialmente, ma freddo, insoddisfacente che non ha voglia di rimettersi in gioco.
La società di oggi è allergica a tutto ciò che è vicino al sacro anche perché ormai deve sacralizzare il profano: il consumatore perfetto non deve avere tabù, e per non averli deve rigettare la storia della religione. Bisogna vivere il consumismo affettivo, relazionale e fisico che è il trampolino di lancio per un mondo dominato dalla finanza: la religione in tutto questo pone un freno e si mette contro il dominio totale del commercio che vuole mettere sul mercato qualunque cosa. E gli esempi oggi non mancano: dal nostro corpo che va su Onlyfans fino alle proteste per commercializzare le droghe, tutto deve essere disponibile ovunque e in qualsiasi tempo, dai supermercati H24 fino ai film sempre pronti sulle piattaforme come Netflix; siamo di fronte alla trionfo della filosofia mercatile. Tutto deve entrare nel cerchio della disponibilità, ma ciò che diventa disponibile in tutto e per tutto, diventa solo un prodotto commerciale e perde di senso, e di significato; tolta la fonte prima e ultima dell’indisponibilità, Dio, ogni elemento può decadere e andare nel commercio. La prostituta mercanteggia l’amore privandolo di tutto ciò che esso comporta per ridefinirlo solo nelle sue funzioni biologiche ed utilitaristiche, il pennivendolo si mette al servizio dei suoi padroni e anziché fare giornalismo riduce quest’ultimo a carta straccia. Gli stessi valori e la loro trascendenza possono essere giustificati solo in un sano rapporto teleologico che ci riporta in un dialogo con Dio.
La riscoperta teleologica in tutto questo porta a dei cambiamenti profondi: una volta definito il volto di Dio anche la società prende forma e contenuto. Eppure tutto ciò è quanto di più odiato possibile da un’Europa che vuole delle cellule senza nome, senza futuro, senza legami, pronte solo a seguire il datore di lavoro e l’influencer di turno. L’esaltazione dell’uguaglianza nelle differenze di natura teleologica crea un forte disagio oggi più che mai, così come lo crea una concezione di libertà che esula dal liberismo economico, e un’idea di bene e di male che è fuori dal semplice utilitarismo: proprio per questo oggi la teofobia si presenta nella nostra società in modo così marcato.