di Luigi Cortese (foto Twitter)

Era il 24 maggio 2014 in Donbass imperversano gli scontri, dopo la “rivoluzione colorata” di Piazza Maidan che ha visto il governo ucraino, capitolato per mezzo di un colpo di stato, sostituito da un governo filo occidentale la situazione è precipitata portando all’auto proclamazione delle due repubbliche separatiste nel Donbass.

Andrea, per tutti Andy, Rocchelli, 30 anni, era un fotoreporter italiano che seguiva gli scontri nel territorio del Donbass. Il 24 maggio del 2014, appunto, si trovava, con l’attivista dei diritti umani Andrei Mironov, in un villaggio di Andreevka vicino a Slaviansk nei pressi di alcuni binari abbandonati. Da una collina, occupata da postazioni della Guardia Nazionale Ucraina, iniziò un attacco diretto a loro con armi leggere e colpi di mortaio. L’attacco portò alla morte di Rocchelli e del suo accompagnatore Mironov.

Sono passati 8 anni e 10 mesi da quel delitto che è tuttora impunito. Nel frattempo la magistratura italiana ha esaminato la vicenda in un processo in tre gradi, svoltosi tra il 2018 e il 2021, a carico del miliziano Vitali Markiv, accusato di concorso in omicidio, e contro lo Stato ucraino come responsabile civile dell’attacco. Il processo ha visto Markiv condannato in primo grado a 24 anni, poi la Corte d’appello ha concluso con un’assoluzione per un vizio di forma nella raccolta delle testimonianze e la Cassazione ha confermato tale conclusione. Ma, stranamente, le motivazioni delle sentenze di I° e II° grado sono concordi nell’indicare nell’esercito ucraino e nella Guardia Nazionale i responsabili del deliberato attacco con armi pesanti contro i giornalisti e civili inermi.

L’Ucraina in questi anni, sia politicamente che giudizialmente, ha respinto ogni addebito nella vicenda: dapprima eludendo e boicottando ogni richiesta di indagine, poi, a processo avviato, denigrando la magistratura italiana come asservita al governo russo, minacciando le interpreti ucraine e i loro familiari, auto-assolvendosi con una narrazione costruita ad arte. A fine processo il governo ucraino ha glorificato davanti ai media l’operato dell’esercito e della Guardia Nazionale, definendoli “eroi e benemeriti della difesa della patria dai suoi nemici interni ed esterni”.

Oggi la famiglia di Andrea Rocchelli ha portato la sua storia alla Corte Penale Internazionale dell’Aja, perché, ritiene che l’uccisione di Andrea, nello status di civile inerme morto mentre compiva il proprio lavoro di fotogiornalista, sia di pertinenza di tale commissione e meriti un’indagine volta a ristabilire verità e giustizia.

Oggi tutti sono pronti a puntare il dito verso Putin e la Russia, tutti pronti ad accusarli dei peggiori crimini di guerra. Ma invece perché il nostro governo non chiede conto al sempre presente Zelensky dell’omicidio di Andrea?

Share via
Copy link
Powered by Social Snap