di Diego Fusaro (foto repertorio: quirinale.it)

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha scritto a Bergoglio. Non entro ora nella questione, che pure è decisiva, riguardo al reale titolo di Bergoglio.

Come ho cercato di sostenere nel mio studio “La fine del Cristianesimo”, Bergoglio non è il Papa, non lo è stato nemmeno per un istante della sua vita: Ratzinger nel 2013 rinunziò al ministerium e non al munus, sì che non produsse la sede vacante poi occupata da Bergoglio, bensì la sede impedita, risultata vacante solo con la dipartita dello stesso Ratzinger il 31 dicembre 2022. Ciò significa che la sede vacante la abbiamo solo ora, dato che Bergoglio non è mai stato il Papa e dato che il vero Papa, Ratzinger, è tornato alla casa del Padre. Ma questa, dicevo, è una vicenda di cui non intendo parlare in questa sede.

Desidero invece soffermarmi brevemente sullo scambio tra Bergoglio e il Presidente della Repubblica. Il presidente Mattarella ha elogiato, come prevedibile, Bergoglio e lo ha fatto intorno a un tema che forse, tra tutti, sembra quello meno politicamente corretto di quelli trattati usualmente da Bergoglio. Infatti, come dovrebbe essere ormai noto, Bergoglio non solo sta facendo evaporare il cristianesimo, risolvendolo in una sorta di fede low cost e smart per consumatori gaudenti. Oltre a ciò, e connesso con ciò, vi è un altro aspetto certo non trascurabile: la catechesi di Bergoglio sembra di fatto essere una variante del pensiero unico politicamente corretto, con la conseguenza paradossale per cui il buon cristiano diventa indistinguibile dal buon consumatore e, al tempo stesso, coincide con il “fedele” della religione del libero mercato e del pensiero unico liberalglobalista.

Si potrebbero addurre molteplici esempi a questo riguardo. Ne menzionerò due soltanto, particolarmente significativi. Bergoglio ha in più occasioni attaccato duramente il sovranismo e il populismo, vale a dire la rivendicazione da parte del popolo della propria sovranità. Ha invece celebrato la globalizzazione come apertura incondizionata, pur dichiarandosi contrario alla violenza della finanza. Ma dichiararsi contro il sovranismo e il populismo, cioè contro la sovranità del popolo e a favore della apertura incondizionata e della libera circolazione, non vuol dire già perciò stesso accettare le cause di cui pure si contestano tiepidamente gli effetti? Attaccare il populismo e il sovranismo non vuol dire forse attaccare le possibili — e anzi le uniche realmente esistenti — contestazioni odierne della globalizzazione neoliberale? Non sappiamo se per Bergoglio esiste realmente l’inferno: sappiamo però che, se dovesse esistere, per lui coinciderebbe con un luogo infausto in cui vengono confinati i sovranisti e i populisti.

La seconda questione che voglio affrontare riguarda la apostasia green di Bergoglio: con ciò alludo alla sua teologia verde, di completamento perfetto della green economy del capitale e della sua famelica ricerca di fonti rinnovabili di business. Si consideri a questo riguardo il sinodo della Amazzonia, senza peraltro trascurare il culto di pachamama, divinità Inca della terra venerando la quale Bergoglio si è trovato di fatto ad assumere posizioni idolatriche e paganeggianti. Da un punto di vista cristiano, il signore della Terra e della natura tutta coincide con Cristo non certo con la madre terra o pachamama, che dir si voglia. Ancora una volta, Bergoglio sembra ora assimilabile a un leader di partito liberale progressista o a una guardia forestale, in ogni caso non appare mai incarnare il ruolo di pontefice, cioè letteralmente di facitore di ponti tra la trascendenza e l’immanenza, tra il cielo e la terra. I suoi discorsi appaiono tragicamente chiusi alla trascendenza, privi di riferimenti al sacro e all’eterno, integralmente proiettati orizzontalmente nella sfera dell’immanenza e delle questioni del mundus, peraltro affrontate in linea con l’ortodossia del pensiero unico politicamente e, a questo punto, anche teologicamente corretto.

Ora, come ricordavo, il solo punto in cui Bergoglio sembra attualmente divergente rispetto alla narrativa egemonica riguarda proprio il tema della guerra. Tema sul quale ha insistito abbondantemente Il presidente Mattarella, dicendo senza perifrasi che il pontefice – o presunto tale, aggiungiamo noi – indica una via imprescindibile per tutti. Bergoglio non ha mai aderito, almeno per ora, allo storytelling egemonico prodotto dagli alfieri del pensiero unico neoliberale e dai fautori dell’imperialismo a stelle e strisce che si legittima come imperialismo etico con tanto di bombardamenti umanitari, embarghi terapeutici e missili democratici. A dire il vero, Bergoglio ha anche saputo assumere posizioni apertamente critiche rispetto all’imperialismo a stelle e strisce della civiltà del dollaro. Ricorderete senz’altro quando, tempo addietro, disse che le cause profonde di questa sciagurata guerra devono essere cercate nell’abbaiare della NATO verso Oriente. Proprio così, nulla da aggiungere: questa guerra ha per causa primaria proprio quella indicata da Bergoglio, vale a dire l’espansionismo imperialistico post 1989 di Washington negli spazi post sovietici; e ciò con l’obiettivo malcelato di prendersi anche la Russia e di produrre un regime change, volto a sostituire l’indomito Putin con un fantoccio liberare atlantista modalità guitto Zelensky, magari lo stesso Navalny, che l’occidente a stelle e strisce ha già eletto a oppositore di Putin.

Dunque, Bergoglio non ha per ora fatto concessioni alla patetica narrativa secondo cui vi è il bene, ovviamente l’occidente, da una parte, e vi è il male, naturalmente la Russia di Putin e la Cina, dall’altra. A suffragio di questa posizione, dobbiamo anche ricordare che qualche settimana addietro Bergoglio ha apertamente riconosciuto che non vi è solo l’impero russo al centro di questa guerra, ma vi sono anche altri imperi: con queste parole, ha apertamente ammesso la presenza dell’imperialismo statunitense come parte in causa del conflitto. Così, ha riconosciuto in pari tempo la presenza di una guerra tra imperi, e non certo un semplice conflitto tra Ucraina e Russia, e le responsabilità non solo ascrivibili all’impero russo. Appaiono allora quantomeno problematiche le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha valorizzato il discorso di Bergoglio intorno alla guerra. E appaiono problematiche proprio perché sembra che il governo italiano stia procedendo in una direzione opposta rispetto alle parole di Bergoglio: Bergoglio predica la pace e riconosce la responsabilità diretta dell’imperialismo di Washington; l’Italia e, con essa, l’Unione Europea tutta, perseguono stoltamente la via della guerra e dell’invio di armi a Kiev ammettendo un unico colpevole, la Russia di Putin, e sostenendo apertamente l’imperialismo a stelle e strisce che Bergoglio non ha esitato a condannare sia pure in forma obliqua.

Insomma, se le parole di Bergoglio, come suggerisce il presidente Mattarella, sono la via verso la pace e devono essere un punto di riferimento, perché mai l’Italia sta agendo in maniera non solo diversa, ma direttamente opposta rispetto a quelle parole riconosciute come fondamentali? Che senso ha celebrare le parole di Bergoglio quando poi l’Italia le sta tradendo con il proprio operato guerrafondaio? Sembra un mistero, in effetti. A meno che non si tratti di un messaggio in codice, cosa che non siamo in grado di smentire o di confermare, sembra trattarsi di un classico esempio di dissociazione aperta tra l’elogio del giusto e la pratica di ciò che lo contraddice: con le parole delle “Metamorfosi” di Ovidio, video meliora proboque, deteriora sequor. Chissà, forse potrebbe essere questa la via per comprendere questa curiosa vicenda. Per parte nostra, ribadiamo fermamente e convintamente quanto già sostenuto: riteniamo Bergoglio, che non è il Papa, il dissolutore finale del cristianesimo, rispetto al quale è da sperare che il “piccolo resto” dei Cristiani opponga resistenza; e, non di meno, siamo convinti che sul tema della guerra egli sia decisamente più nel vero di quanto non siano i politici di destra e di sinistra di tutta Europa, allineati come sono all’imperialismo di Washington e alle sue imprese fintamente umanitarie.

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