di Redazione

Il dramma della maternità surrogata non è solo politico, legale e legislativo, ma anche etico, ovviamente. L’utero in affitto, infatti, rappresenta la schiavitù del terzo millennio, poiché sfrutta donne spesso povere e disperate. La redazione di Pro Vita & Famiglia ha avuto modo di contattare Kelly Martinez, una giovane donna statunitense che, in passato, è stata madre surrogata per tre volte e ora si è amaramente pentita.

Kelly, ci vuoi raccontare la tua storia. Di come e perché sei diventata madre surrogata?

«Ho affittato il mio utero tre volte, per coppie diverse. La prima volta, nel 2005, l’ho fatto per una coppia gay di Parigi e fui costretta a dichiarare di avere una storia con uno di loro perché in Francia l’utero in affitto è proibito.

Già in quell’occasione Kelly, pur non ancora pentita, rimase segnata perché fu «un’umiliazione terribile». La seconda volta, invece, per una coppia etero dell’Iowa. Assurda la storia di come sia arrivata a ripetere l’utero in affitto. Dopo la prima volta, infatti, Kelly era caduta in depressione e fu costretta ad andare in terapia. Lo psicoterapueta le propose, proprio per riprendersi da quel trauma, di ripetere quanto fatto. Qui, il dramma, arriva tempo dopo il parto, quando la bambina finì in tribunale per il divorzio dei due “genitori” e dunque per la sua custodia. «Una vicenda da spezzare il cuore». La terza volta, infine, nel 2016, – per la “gestazione” di due gemelli – a favore di una coppia spagnola nel 2016. Si aspettavano un maschio e una femmina ma nacquero due maschi. Qui il dramma di un vero e proprio “abbandono”. La coppia, infatti, letteralmente prese i bambini – partoriti, tra l’altro, prima del previsto – e scomparve dalla vita di Kelly Martinez, nonostante le promesse di rimanere in contatto, addirittura di cercare di diventare amici. Non ha più saputo nulla di loro né tantomeno dei bambini che portò in grembo. In particolare, secondo Kelly, «l’avvocato e l’agenzia che si occuparono di questa maternità surrogata non furono onesti con me e mi misero in una situazione molto difficile per quanto riguarda l’aspetto legale».

Ora che è pentita, però, cosa pensa della pratica dell’utero in affitto?

«La maternità surrogata rappresenta un ambito molto grigio, in negativo. Favorisce notevolmente i genitori e le agenzie che si occupano di proporla e portarla avanti. La donna che porta il bambino e gli stessi bambini sono spesso l’ultima preoccupazione. Le vite sono danneggiate, i legami spezzati e talvolta persino fatali. Non sostengo la maternità surrogata e ritengo che le leggi non siano abbastanza forti per proteggere le donne e i bambini le cui vite sono le più colpite».

In Italia si sta discutendo molto su questi aspetti e ad oggi è illegale. Alcune forze politiche vorrebbero rendere l’utero in affitto reato universale per i cittadini del nostro Paese. Tu, da madre surrogata e da cittadina statunitense, cosa ne pensi?

«Sono d’accordo che dovrebbe essere sancita come una pratica criminale. Per quanto riguarda le leggi particolari non è sempre facile farle rispettare, perché per esempio nel mio caso (in Francia, dove è illegale ndr), c’erano già delle leggi in vigore, ma con la giusta quantità di denaro sono state aggirate per favorire i “genitori”».

Fonte: (Provita e famiglia)

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