di Ruggiero Capone

“Prima le vertenze internazionali, la Nato, l’Ue, gli Usa ed il Mediterraneo…e poi gli italiani vessati dal sistema fiscale, bancario, giudiziario, amministrativo”, sembra questo il mantra che alberga nell’animo di coloro che vincono la lotteria per Palazzo Chigi. Non è una considerazione su Giorgia Meloni, bensì un avvertimento a non voltare le spalle alla gente, agli italiani. L’uomo di strada oggi non chiede nulla paragonabile a ciò che elargiva il buon democristiano della Prima Repubblica, ovvero un “posto di lavoro e poi ti arrangi”. L’uomo di strada s’arrangia da solo, ben sapendo che la politica non favorirà la sua occupazione lavorativa: ma vorrebbe almeno che chi governa non molesti la sua vita domestica, rispettando le economie di chi vive sulla soglia della povertà risparmiando su beni e servizi. Soprattutto la gente è stufa di aspettare, di vivere in trincea, con il timore di sanzioni sul mancato adeguamento euro ed energetico di autovetture, immobili, elettrodomestici. La gente pretende che venga garantito il diritto alla riparazione di macchine ed utensili, e che la politica non corra dietro le lobby che in Europa pretendono per legge l’orologio dell’obsolescenza programmata in ogni auto, lavatrice o telefonino. La gente non investe più tempo e danaro nel creare lavoro perché le norme Ue mettono paura: se la politica ascoltasse ciabattini, falegnami, meccanici, carrozzieri… sentirebbe dalla loro viva voce queste parole “abbiamo quotidianamente paura di sbagliare mentre lavoriamo, viviamo con l’incubo d’una valanga d’adempimenti e norme europee, ci sentiamo sempre in difetto, ed avvertiamo che da un giorno all’altro potremmo essere costretti a chiudere bottega”. In questo clima deve essere costretto chi impianta un lavoro in proprio? Quale genitore aiuta un figlio a rimanere in Italia? Se i genitori vivono con il timore di vedersi bruciato risparmio e pensione, oppure di perdere il lavoro da un giorno all’altro, invece i figli non hanno alcuna fiducia nell’Italia.

Le ultime norme europee entrano ormai a gamba tesa nella nostra privacy domestica, soprattutto minacciano di prosciugare i risparmi degli italiani, di indebitarli ulteriormente e, come al solito, incrementeranno il già pesante contenzioso tra Stivale e Commissione europea. Chi mai potrà permettersi d’investire cinquanta mila euro per mettere a “norma green” il proprio alloggio? E come si farà ad eludere i contatori intelligenti a norma Ue che spieranno tra le nostre camere, cucine, bagni e zone lavanderia per tanare l’elettrodomestico non nell’ultima classe euro ed energetica, anche se perfettamente funzionante, ma non più conforme alle norme? E riuscirà il pensionato, che usa l’auto per raggiungere i familiari nei fine settimana o di sera, a comprarsi una vettura elettrica? La maggior parte degli italiani è alla canna del gas (si fa per dire, bene più che prezioso), nel paese contiamo tredici milioni di disoccupati e sei milioni di poveri irreversibili (per motivi bancari, fiscali, giudiziari, amministrativi), poi circa sette milioni di precari, e non dimentichiamo i malpagati e gli indebitati. Chi pagherà anche questa volta? Chi ha un piccolo gruzzoletto da parte ed una casetta di proprietà e forse un terreno ereditato? Chi ha una botteguccia messa su con tanti sacrifici? “L’Italia paga e basta, soprattutto non s’oppone mai ad alcuna sanzione comminata dall’Ue”, ci rammentano gli avvocati Filippo e Jean Paul de Jorio. Bruxelles opera una continua pesca a strascico nelle casse italiane. Ed in Ue sono consci come l’Italia non s’opporrebbe mai ad alcuna procedura d’infrazione: dall’UE avviano solo procedure amministrative; ma l’Italia è quello stato membro che usa la regola del non disturbare alcuna corte di giustizia dell’Unione europea, preferendo riversare sui cittadini ogni onere, spesso anche ingiusto. Tutti gli altri stati, dalla Germania alla Polonia passando per la Francia, si oppongono continuamente presentando ricorsi all’organo terzo giurisdizionale: e poi vincono pure, e come nel caso della Polonia ricevono anche più soldi dai fondi UE.
Eppure le sentenze delle corti europee (soprattutto quella dei diritti dell’uomo) hanno valore legale. Ma l’Italia non fa nulla, anzi usa la politica del non muoversi, bloccando imprese e cittadini per non ricevere sanzioni. Emblema del metodo “società bloccata” è la logica con cui Roberto Gualtieri amministra Roma: “bloccare per non inquinare” dice qualcuno di sinistra, così dopo aver orecchiato su Youtube qualche allievo di Noam Chomsky si rivelano anche capaci di teorizzare (senza aver mai aperto libro) di “società da bloccare economicamente per salvare il pianeta” o peggio di “povertà sostenibile come ammortizzatore sociale globale”; salvo poi scoprire che i vari predicatori di Pd e Cgil prendono lo stipendio dalle municipalizzate del Comune di Roma o da vari enti di formazione della Regione Lazio, ma hanno tutti votato Schlein “perché la povertà salverà il mondo”.

Intanto in Ue della “povertà sostenibile” se ne sbattono, e pretendono soldi veri. Multe o sanzioni ci raggiungono come procedure d’infrazione, uno strumento creato dall’Ue “per garantire il rispetto e l’effettività del diritto dell’Unione”. A comminare le sanzioni provvede la Commissione europea, ma in Italia la maggior parte delle procedure avvengono per “denuncia dei privati” o su spinta delle tantissime interrogazioni parlamentari (Sinistra e Libertà e 5 Stelle sono i più presenti con le denunce). Ovviamente c’è una fase di pre-contenzioso, quando la Commissione europea rileva la violazione di una norma UE, soprattutto a seguito di segnalazione. Bruxelles concede allo Stato membro un termine di due mesi, entro il quale presentare le proprie osservazioni: l’Italia ovviamente si trincera nel silenzio, favorendo il sanzionamento. La violazione contestata consistere generalmente nella mancata attuazione di una norma europea, oppure di una disposizione o di una pratica amministrativa nazionale che risulta incompatibile con le politiche d’indirizzo Ue. L’Italia rimane immobile e servile, ed intanto il contenzioso lievita, e diventa esecutivo in forza di sentenza della Corte di Giustizia. Ecco che l’Italia si trova sempre in difetto, ed a noi italiani la Commissione europea suona solo come un continuo castigo. La multa più piccina che ci ha precettato l’Unione europea ammonta a sette milioni di euro. Ma abbiamo sul groppone tantissime sanzioni per importi enormi: ce le rammentano sempre i cosiddetto “frugali” che, da sempre, ci appellano come “malpagatori”. E non possiamo dimenticare la nota frase Wolfgang Schäuble (ministro delle finanze dell’ex cancelliera Merkel) che ricordava a tedeschi e nordeuropei “avete case e proprietà in Italia”. In questo clima i vari signor Gino e signora Maria ci vengono presentati come cattivi cittadini non rispettosi delle istituzioni bancarie, perché prelevano il contante dalla banca e lo ripongono sotto il mattone. Mentre il signor Mario ed il signor Gianni passano per evasori fiscali e fuorilegge, perché tutti i santi giorni aprono bottega ed officina. Così l’Italia fa giustizia, perseguitando gli italiani ed ossequiando le regole della von der Leyen.

(fonte: lapekoranera.it)

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