di Luigi Cortese
Arriva lo stop a ChatGPT, l’intelligenza artificiale che si poneva come risolutrice di mille problemi. Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma.
ChatGPT, il più noto tra i software di intelligenza artificiale relazionale in grado di simulare ed elaborare le conversazioni umane, lo scorso 20 marzo aveva subito una perdita di dati (data breach) riguardanti le conversazioni degli utenti e le informazioni relative al pagamento degli abbonati al servizio a pagamento.
Il provvedimento del Garante privacy si sviluppa proprio sulla mancanza della dovuta informazione agli utenti, e a tutti gli eventuali interessati, sui dati raccolti e la loro gestione. Senza trascurare l’aspetto più inquietante: la mancanza di qualsivoglia controllo sull’effettiva età degli utilizzatori, OpenAI aveva inserito come età minima per l’utilizzo 13 anni, ma senza effetture controlli o filtri. Si sono esposti a pericoli minori assolutamente inidonei rispetto al loro grado di sviluppo e autoconsapevolezza.
OpenAI, che non ha una sede nell’Unione ma aveva designato un rappresentante nello Spazio economico europeo, ha ora l’obbligo di comunicare, entro 20 giorni, le misure intraprese in attuazione di quanto richiesto dal Garante, pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo.
Ancora una volta i nuovi sistemi informatici risultano pericolosi, i controlli effettuati sono sempre tardivi ed a volte poco efficaci, in questo caso si è dato uno stop a OpenAI ma nel mondo virtuale esistono svariati siti che offrono servizi similari. Cosa aspetta il Garante a bloccare tutti gli altri?