di Simone D’Aurelio

Qual è il nuovo motto della sinistra ultraliberale? Se le sardine, i piddini ed i gretini vogliono distruggere per sempre “Dio patria e famiglia”, cosa ci viene proposto da questa corrente postmoderna? Ciò che il sottoscritto vede è che c’è un nuovo trittico che si contrappone al mondo conservatore con i suoi valori ed è il sinistroide “Io, Europa, fluidità”, tre parole antitetiche proprio a “Dio, patria e famiglia”, e reclamano il loro primato nella società di oggi.

Analizziamo bene il tutto e procediamo per gradi. L’ “Io” postmoderno si contrappone a Dio: infatti il neoliberismo non può tollerare la religione; se lo può fare, solo a chiacchiere, deve rimanere flatus vocis, la prima parola è quella che getta la base alle seguenti due. Questo “Io” è quello che mette sè stesso al centro di tutto, non c’è un’alterità a cui rendere conto, quindi ci si catapulta al centro della società e si pensa solo a liberalizzare ogni cosa, dalla droga alla prostituzione, dall’utero in affitto alle cliniche per l’eutanasia; d’altronde in questo caso il mondo non deve rendere conto di nulla a nessuno. La strada della realizzazione è rappresentata dal poter soddisfare il proprio “Io” in modo perenne e illimitato; ma c’è di più: questo assioma è quello che parla da solo, come fa Chiara Ferragni a Sanremo, e che vive da solo devastando il palco come fa Blanco. L’Io è quello che pone nel primo piano sé stesso per l’aborto, per il capitalismo sfrenato e il darwinismo filosofico, è quello che ha ripudiato l’Essere ed a cui resta solo l’apparire (possibilmente su Instagram), per inseguire anche potenza e ambizione senza fine e vivere nel perenne vortice dei desideri. E’ l’Io che rifiuta ogni regola, se non quelle che gli dà lo Stato, che sono presentate come giuste per tutti. Quello fiero del Green Pass e di chi viene bullizzato perché in ritardo con le dosi, ma che si scaglia allo stesso tempo contro ogni genere di visione alternativa a quella LGBTQ+: parliamo di chi non sopporta nessuna altra visione antropologica se non quella di un uomo che non deve rendere conto di nulla, e quindi è autorizzato a liberalizzare e a fare tutto, fino ad arrivare alla storia del self mad children, ovvero il ragazzo che fa tutto da sé e si mette in contrasto con tutti; che non vuole confrontarsi con i voti, con la scuola, con la vita stessa, con chi la trasmessa, e le sue origini.

E’ anche l’Io che vuole autoesaltarsi e divinizzarsi, ma per fare questo deve banalizzare, screditare, denigrare ogni traccia di profano: bisogna “uccidere” ogni religione per diventare dei, cosa che avviene puntualmente in questo frangente, per una rivoluzione permanente che però in realtà lascia l’individuo solo e spaesato, impoverito e devastato, dato che le priorità neoliberali in fondo sono solo quelle della finanza e non quelle di una palingenesi.

In tutto questo si scaglia sullo sfondo anche “Europa”, che va in contrasto con “patria”. Si perché a ogni visione teleologica e teologica corrisponde un popolo, una tradizione, un’identità, un’etica. La politica neoliberale, con il suo ateismo, con la sua cultura e la sua filosofia, sente il bisogno di un solo paese totalmente allineato, un mondo unico totalmente piatto e senza nessuna diversità ideologica o religiosa, che è semplicemente collegato dalla moneta e dalla finanza, dall’euro quindi e dalle politiche di Bruxelles. “Europa” va a inserirsi dove si festeggia il trionfo delle multinazionali sulle pmi, dove ogni storia famigliare, personale e dei borghi d’Italia viene comprata da una SPA cinese, e tutto diventa un prodotto multiculturale senza forma e identità, o per lo meno, il territorio, le tradizioni, le città, le regioni, e l’essere italiani saranno sinonimo del nulla assoluto, perché il neoliberista vuole creare un blocco egemonico unico, che nei fatti toglie colore a ogni cosa. Questa sovrastruttura nazionale in realtà è solo la pista dei mercati.

In ultimo abbiamo la parola “fluidità”, che si contrappone a “famiglia”: la fluidità delle relazioni, che è collegata a quella lavorativa: sempre più flessibili, sempre più intercambiabili. Ma a tutto questo corrisponde anche la fluidità degli spiriti e delle identità: non c’è più voglia di assumersi responsabilità, l’impianto mercantile ci vuole sempre pronti ad attraversare il globo per denaro, ma non per affetto. E, tolta la famiglia, tolta la patria, tolto Dio (elementi collegati), ed esaltato il sè, ci ritroviamo di fronte ad una relazione io-io che non ci definisce mai, perché se non c’è un Assoluto anche la concezione antropologica diventa piatta. Una fluidità di promesse, di impegni, di toni, di abbigliamento, di parole. Parliamo in tutto questo anche della fluidità etica: il neoliberale definisce bene e male in base a ciò che gli viene detto dai giornali, e dalla politica, con l’opinione che cambia in base al momento, all’utilità e allo slogan proposto.

Ed ecco che il trittico è figlio di parole collegate che aprono a un mondo socialmente separato ma finanziariamente incollato, che non ha più una coscienza, un volto, ma è solo rappresentato dall’utile: in apparenza tutela e difende i pluralismi ma in realtà vuole distruggere qualsiasi altra identità che non approva la sua ascesa.

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