di Ruggero Capone

Rischio falò del risparmio degli italiani mai stato così incombente. E si sono aggiunti gli Stati Uniti all’elenco di quelli che vorrebbero bruciare i soldi alle formichine d’Europa. Poteri bancari europei e statunitensi hanno puntato i circa 4000miliardi di risparmi che rendono le banche italiane le più ricche d’Occidente.

Nelle banche italiane un tempo c’erano anche i risparmi dei cittadini cinesi, russi e di altre nazionalità aderenti al BRICS; ma durante la pandemia, prevedendo il ruolo italiano nel conflitto, i cittadini stranieri (soprattutto i cinesi) hanno portato via i propri risparmi dall’Italia. Prima Conte e poi Draghi hanno tentato ogni escamotage per impedire la fuga dei capitali: misure inutili con gli stranieri, sono riusciti solo a varare ulteriori strette sull’uso del contante contro gli italiani, limitazioni a circolazione di danaro ed investimenti. Ricordiamo tutti come i cinesi siano riusciti a portare via dall’Italia enormi valige colme di euro e dollari, e proprio nel periodo in cui agli italiani venivano impediti prelievi contati per più di duemila euro, nonché azioni di disturbo da parte degli impiegati di banca tese a scongiurare il cittadino prelevasse il proprio danaro per acquisire beni immobili o strumentali: al correntista italiano la banca riservava una lunga paternale su come investire e, soprattutto, lo spaventava su eventuali accertamenti del fisco circa il proprio gruzzoletto. Il governo Meloni ha elevato a cinquemila euro la soglia del prelevo per contanti, ma è poca cosa rispetto al terremoto che stanno preparando i poteri bancari occidentali contro il risparmio degli italiani.

Gli Stati Uniti devono rastrellare immediatamente i risparmi europei perché hanno perso i capitali asiatici: nel 2022 è iniziata la fuga di cinesi dal debito pubblico americano per oltre 400 miliardi di dollari. In un anno, da 2022 al 2023, i cinesi hanno portato via dagli Usa quasi tutti i loro investimenti. L’Asia ha mollato il debito americano, prima come conseguenza delle misure sulle merci varate dagli Usa e poi per la politica di sanzioni contro la Russia del governo Biden.
Anche perché gli Usa, per quanto indebitati ed in enormi difficoltà sociali e finanziarie, stanno intensificando la politica di scontro con la Cina. E’ ancora Taiwan il pretesto Usa per puntare le portaerei del Pacifico contro la Cina, ma c’è anche il fatto che Biden non sopporta il legame commerciale e politico tra Russia a Cina. Così la Casa Bianca crede di poter ridurre l’egemonia cinese nel continente asiatico usando la minaccia di una guerra.

Ma il fronte del BRICS aumenta e circonda l’Occidente: l’Arabia Saudita non solo è sempre più vicina a Pechino ma ha anche condannato le posizioni Usa in Ucraina. L’India non è schierata con gli Usa in Ucraina, l’Iraq ascolta Pechino e non Washington. A conti fatti, il conflitto tra Biden e Putin ha convinto la Cina che è il momento di dismettere ogni investimento in Usa. A gennaio 2023 i creditori stranieri possedevano più di 7.400 miliardi di dollari in titoli di stato Usa: 250 miliardi in meno del 2022, e nei primi tre mesi del 2023 il calo è già evidente. La congiuntura economica Usa ha indotto molte banche centrali a difendere i tassi di cambio vendendo titoli del debito americano o cessandone gli acquisti.

Così tutti gli stati del BRICS hanno ridotto la loro quantità di debito americano posseduta. La dismissione di titoli Usa in mani cinesi è l’evidente segnale della volontà di Xi Jinping di non continuare a fare credito agli Stati Uniti: una risposta politica a Nord America ed Europa che hanno congelato più di 300 miliardi di dollari di riserve valutarie russe. La Cina di oggi non si fida più degli investimenti in titoli finanziari Usa ed europei, temendo possano fare la stessa fine delle riserve russe: ovvero congelati o confiscati con una miriade di scuse, che andrebbero dal fiscale al politico passando per il militare. Perché i paesi del BRICS notano come Usa ed Ue permettano l’evasione fiscale alle multinazionali occidentali, mentre usino mille scuse per bloccare i soldi alle aziende asiatiche e russe. Del resto il mondo è oggi diviso in due sfere d’influenza, i paesi del BRICS e Usa-Ue: al loro interno ci sono scambi commerciali e finanziari, e l’Usa tenta di bruciare i soldi degli operatori targati BRICS.

Intanto a Washington è di scena lo scontro tra Casa Bianca e Congresso sull’innalzamento del tetto al debito americano: il debito lievita, e la politica della Federal Reserve non riesce più a contenerlo, e si mormora suggerisca di mettere mano ai risparmi degli europei. L’Usa non sa più a chi vendere i propri prodotti finanziari, perché non ha più i soldi cinesi e l’Ue è debole perché ha indebitato oltremisura i propri cittadini.

Con il solo fallimento della Silicon Valley Bank le perdite hanno superato l’1,8 miliardi di dollari. E la crisi delle banche americane ha investito tutto l’Occidente: la Svizzera ha tentato di metterci una pezza con i 109 miliardi di franchi della Credit Suisse e le autorità Usa hanno detto d’aver “spento l’incendio sul nascere”. Tutte chiacchiere e comunicazione, tutti soldi inventati: è l’inizio della bolla, poi sotto guerra avverrà il gran reset del risparmio (soprattutto in Ue ed in Italia).
E che la guerra ed il falò del risparmio siano più che vicini emerge con la corsa ai beni di rifugio: il prezzo dell’oro è salito dell’8,5% sopra 1.965 dollari l’oncia. Intanto il rublo (moneta agganciata all’oro) è oggi ai massimi contro dollaro ed euro.

I tecnici dicono che “la debolezza del dollaro ha a che fare con le previsioni sui tassi d’interesse”, mentre i governatori delle banche occidentali s’inventano crociate contro l’alta inflazione che rischia di ristagnare a livelli elevati. E’ evidente che la politica Usa sta accelerando il tramonto finanziario dell’Occidente. Tutti questi fatti stanno riducendo al silenzio la politica, che non sa come dire all’uomo di strada che tra poco non avrà più nulla e sarà tanto infelice e povero.

Fonte: lapekoranera.it

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