di Luigi Cortese
Il 25 aprile è una data divisiva, questa è la verità. Siamo davanti a quella che, per assunto ideologico, è la data di “liberazione” dell’Italia, data simbolo della fine della seconda guerra mondiale. Ma quanto c’è di vero in questo assunto ideologico?
Il 25 aprile è l’atto conclusivo di quell’evoluzione della seconda guerra mondiale iniziato a Cassibile, in Sicilia, il 3 settembre 1943, quando l’Italia firmò l’armistizio con gli alleati anglo-americani, e dove si decise l’eliminazione dello stato fascista in ogni sua forma.
Lasciando agli storici gli eventuali revisionismi, parliamo degli effetti 25 aprile sull’Italia e non solo.
L’Italia è veramente libera?
E’ vero che gli alleati anglo-americani liberarono la penisola dalle truppe Tedesche, ma oggi ci troviamo con 113 basi, tra Nato e USA, sul territorio nazionale, quindi più che una liberazione c’è stata una sostituzione delle truppe. Negli anni dal 1945 in poi, i governi che si sono susseguiti non hanno mai modificato la loro politica estera: hanno tutti riconosciuto in Washington un “alleato” fedele e di rilievo, peccato che gli americani non ci hanno mai considerato fedeli alleati. Ricordo che all’inizio della guerra del Golfo, negli anni ’90 del secolo scorso, il Washington Post titolò “CHE ALLEATO SARA’ L’ITALIA NEL CASO DI GUERRA?” con esplicito riferimento al cambio di casacca del 1943.
La storia dell’Italia repubblicana è piena di eventi dove è stata più volte ipotizzata l’intromissione di apparati sovranazionali, di eventi dove si è ipotizzato la lunga mano delle agenzie di intelligence, sia interne che esterne, in azioni di depistaggio o di sabotaggio. L’Italia ha convissuto con apparati del calibro di “Gladio”, un’accertata operazione di stay-behind promossa dalla CIA in chiave anti-comunista. Si perché una volta abbattuto il fascismo restava il pericolo rosso, dato, soprattutto, dai fitti contatti del partito Comunista Italiano con quello sovietico.
Quest’anno il 25 aprile è stato contornato da polemiche, perché Giorgia Meloni è a capo di un governo di centrodestra con un partito che si arroga ancora l’eredità dei figli di Salò. Situazione ambigua ma fortemente voluta, in quanto tutto il governo ha dato dimostrazione di fedeltà all’idea atlantista, di fedeltà all’Europa e a Washington. Ma in questi giorni si sono aperte infinite discussioni sull’antifascismo, tirando in ballo la Costituzione e l’Italia del 1948 che ripudiava il fascismo. Ma alla fine proprio mentre scrivo, gli esponenti del Governo, e di Fratelli d’Italia, sono impegnati nelle varie commemorazioni che ci sono per l’Italia. Solo il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, continua la tradizione di andare a commemorare l’anti-comunismo andando alle celebrazioni di Jan Palac, il martire che sacrificò la sua vita sull’altare dell’anti-comunismo, mentre l’Europa e l’Italia restavano a guardare perché quel territorio era sotto l’egemonia russa frutto della spartizione di Jalta tra USA E URSS.
Concludendo: il 25 aprile è una data divisiva non solo per l’Italia ma per tutt’Europa. Questa data segna la fine della sovranità dei popoli europei, divisione decisa mesi prima da USA e URSS in quello che fu la conferenza di Jalta.