di Gloria Callarelli
“La Banca Europea per gli Investimenti (BEI), assistita in parte da garanzia SACE, supporterà TIM nello sviluppo dell’infrastruttura di rete di nuova generazione in Italia con un prestito di 360 milioni di euro, che sarà utilizzato per finanziare l’ampliamento della copertura 5G. L’accordo è stato perfezionato dalla Vicepresidente BEI Gelsomina Vigliotti e dall’Amministratore Delegato di TIM Pietro Labriola , insieme al Chief Business Officer di SACE Bernardo Attolico”.
Un annuncio chiaro che fa nomi e cognomi della ormai famosa transizione digitale, di cui il 5G è solo una delle appendici ma è ormai il futuro. Esistono ricerche sugli effetti collaterali (a breve lanceremo un pezzo approfondito su questo) ma tant’è. The show must go on. Così a finire nel libro prestiti dell’Unione Europea, dunque, il colosso Tim. Con questi soldi Tim potenzierebbe la sua copertura mobile 5G in tutta Italia entro il 2025, come da copione. L’annuncio del finanziamento, dicevamo, arriva con un tempismo perfetto: il gruppo in questi giorni è in crisi nera con debiti per oltre 20 miliardi e al centro di trattative di vendita, come si legge sul Sole24Ore, vi sarebbero: Cdp (Cassa Depositi e Prestiti), KkR, e F2i. Come ha sottolineato Pietro Labriola, ad Tim: “Si punta alla vendita della rete fissa nazionale del gruppo”. L’ipotesi che vede uniti i vari attori in campo, voluta dal Ministero dell’Economia, resta ancora al vaglio. C’è tempo fino al 9 giugno.
Ma chi sono questi attori? Cassa Depositi e Prestiti è l’istituzione finanziaria dello Stato di cui l’azionista principale è appunto il Ministero dell’Economia. Il presidente oggi è Giovanni Gorno Tempini, uno che ha studiato alla scuola ufficiali dei Carabinieri ed è poi passato a fare gavetta in JP Morgan. Chiamato in una prima fase dal 2010 al 2015 alla guida della Cassa Depositi e Prestiti dall’allora Ministro Giulio Tremonti, poi silurato da Renzi, rientra infine nel 2020 ed è ora riconfermato. Sempre nel 2020 è stato designato dal premier Conte quale componente della Task Force per la fase 2 del Covid, Comitato di esperti in materia economica e sociale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Comitato, ricorderete, guidato dall’ex Amministratore Delegato di Vodafone Vittorio Colao.
KKR, invece, concorrente, (ex Kohlberg Kravis Roberts & Co.), è fondo d’investimento statunitense, fondato dai tre banchieri: Jerome Kohlberg (uomo d’affari di origine ebraica morto nel 2015), Henry R. Kravis, (finanziatore di origine ebraica sia dei democratici che del repubblicano Trump), e George R. Roberts (cugino di Kravis, detentore di un patrimonio netto di 8,1 miliardi). KKR è un colosso: ha un patrimonio di quasi 500 miliardi di dollari. Nel suo portafoglio vanta, tra gli altri, Magneti Marelli, la Bushu Pharmaceutical giapponese, e Ivirma, spagnola, leader nel settore di Procreazione Medicalmente Assistita.
Tra gli azionisti di KKR, il gotha dell’Alta Finanza mondiale: il potente fondo Vanguard, il potente fondo Capital Research & Management Co. (International Investors) che vanta azioni alla JP Morgan, alla Morgan Stanley, alla Blackrock, alla Philip Morris, alla Nike e, dulcis in fundo, alla Pfizer. Poi c’è il T. Rowe Price Funds, altro fondo che vanta partecipazioni, ancora, alla Morgan Stanley, alla JP Morgan, alla Goldman Sachs e infine alla HSBC Holdings (uno dei maggiori gruppi bancari del mondo). Co-Ceo di KKR Joseph Bae, 51enne, che ha iniziato la sua carriera alla Goldman Sachs. KKR e l’interesse americano per Tim aprono a nuovi scenari che meritano un’analisi particolare e che affronteremo certamente in un prossimo approfondimento.
F2i, infine, è un fondo di investimenti pigliatutto. Costituito dalla Cassa Deposito e Prestiti, da Intesa e da Unicredit, negli anni ha acquisito gli aeroporti, tra gli altri, di Alghero, Trieste, della maggioranza di quello di Olbia. Ma anche società farmaceutiche, attraverso Farmacie italiane, poi l’intero portafoglio impianti dell’Enel, Sorgenia, l’operatore integrato nelle tecnologie per la transizione energetica. Fiutando l’odore del green, a maggio 2021 il Fondo ha annunciato l’avvio del Fondo per le Infrastrutture Sostenibili (Quinto Fondo), che segna l’ingresso di F2i in nuove aree di attenzione su transizione energetica (di nuovo), economia circolare, digitalizzazione e infrastrutture socio sanitarie. Con questa operazione, F2i supera i 6 miliardi di euro di masse gestite. F2i aderisce al Patto mondiale delle Nazioni Unite annunciato da Kofi Annan al World Economic Forum. F2i vanta al suo interno cinque fondi. Non solo banche e fondazioni bancarie: F2i annovera la presenza anche del fondo francese Ardian e del China Investment Corporation.
Business a parte però, veniamo alle conseguenze dell’uso del 5G. Le accenneremo solamente. Numerose sono le ricerche degli effetti: alcuni studi epidemiologici hanno evidenziato un aumento del rischio di tumori. IARC ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibilmente cancerogeni per gli esseri umani”. L’Istituto Superiore di Sanità, però, minimizza gli effetti ma si lascia andare altresì a dichiarazioni tanto bizzarre quanto inquietanti: “Sarà comunque compito delle autorità delegate ai controlli delle emissioni verificare il rispetto della normativa (rispetto ai livelli di esposizione in prossimità delle antenne NDR)”. O ancora: “Il fatto che le onde non raggiungono gli organi interni non significa di per sé che non possano essere pericolose”. Non c’è che dire: rassicurante. Non sconfiniamo poi, nel rapporto 5G-vaccino Covid. C’è una ricerca pubblicata su Pubmed che ne dimostra in qualche modo la correlazione. Tutto questo mentre già si parla di 6G. Un balzo in avanti nel regresso delle libertà e della sovranità in nome del controllo totale e dell’ammalamento generale della società.