di Luigi Cortese (foto: twitter)
Kais Saied dice “no ai diktat del Fondo Monetario Internazionale”, no alle riforme che l’organizzazione internazionale pretende per scongelare il finanziamento da 1,9 miliardi, vitale per Tunisi. Non sono bastati gli elogi di Giorgia Meloni al sistema Saied, il raiss dopo un’ora e quaranta di colloquio non concede nulla alla premier italiana, che torna a casa con un nulla di fatto.
L’incontro si è tenuto nel palazzo presidenziale, dove ai giornalisti al seguito della premier italiana è stato vietato l’ingresso: le poche immagini arrivate sono del fotografo ufficiale e degli smartphone dei collaboratori. Saied, nel corso del tempo, sembra che si stia trasformando in un autocrate, arrestando oppositori, giornalisti e sigillando il Parlamento. Ed anche con la conferenza stampa della Meloni si ha lo stesso atteggiamento. La premier italiana parla da sola davanti ad una telecamera senza giornalisti e quindi racconta la propria visione dell’incontro senza timore di domande scomode.
Giorgia Meloni si affanna a raccontare al presidente Saied gli sforzi del Governo Italiano con le istituzioni europee e con il G7 per “ammorbidire” le posizioni nei confronti di Tunisi. Ma questo non basta ad ammorbidire il Presidente tunisino, che bolla come “una malattia” le richieste del FMI che potrebbe “minacciare la stabilità interna della Tunisia e avere conseguenze che si estendono a tutta la regione”. Saied ha chiarito che la priorità per lui ed il suo Paese è “il tema della cancellazione del debito che grava sullo Stato tunisino”, chiarendo così che la Tunisia vuole prima i soldi e poi farà le riforme, situazione non accettabile ed osteggiata da Washington.
Il dossier Tunisia è molto caro a Giorgia Meloni, perché si gioca la faccia sulla questione immigrazione. Le promesse fatte a Saied sono figlie di una scelta atta a cercare una soluzione al fenomeno migratorio, in questo la premier copia quanto fatto da Minniti del PD con la Libia. Quindi parafrasando quanto da lei detto sulla sua politica simile a quella di Mario Draghi, possiamo dire che la politica di Fratelli d’Italia copia, con scarsi risultati, il Partito Democratico di “minnitiana” memoria.