di Luigi Cortese
950 milioni di Euro, questo è il valore dell’appalto per la nuova diga foranea del Porto di Genova. Si tratterebbe dell’appalto più grande del PNRR. Davanti ad una cifra tale anche uno tsunami può sembrare poca cosa: questo dev’essere stato il pensiero dei tecnici del ministero dell’Ambiente che hanno rilasciato parere positivo di ottemperanza alle cinque “ante operam”. Parere che va contro quello di “piena inottemperanza” sancito dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), chiamato proprio dal ministero ad esprimersi sull’opera faraonica.
La nuova diga di Genova sarà un’opera di 6,2 km di lunghezza, un mostro che punta ad essere il simbolo del PNRR. L’iter dell’opera non è proprio dei più limpidi: l’appalto è stato aggiudicato a Webuild, anche dopo una sentenza del TAR che l’annullava mentre sono note dimissioni di Pietro Silva, il supertecnico alla guida dei lavori che aveva tentato più volte di suggerire correttivi sul progetto da lui considerato “rischiosissimo” per l’instabilità dei fondali. Nonostante tutto Matteo Salvini, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, e Pietro Salini, patron di Webuild, lo scorso 4 maggio hanno tenuto la cerimonio per la “posa della prima pietra”.
Secondo il CNR, infine, c’è un problema sottovalutato: la presenza nei fondali del Porto di Genova di due canyon sottomarini, canyon che partono da una profondità di 100 mt fino ad arrivare a oltre 2.000 mt. La testata di questi canyon sarebbe molto vicina (meno 1.500 mt) alle fondamenta dell’opera. Cosa non di poco conto visto che le testate dei canyon “possono rappresentare lineamenti geologici a elevata dinamicità con evoluzione retrogressiva” (tendenti ad avvicinarsi alla costa).
Al di là delle parolone tecniche, per spiegarci, la posa della diga potrebbe innescare delle frane e andare a erodere le fondamenta, situazione che potrebbe ricreare quello che avvenne a Gioia Tauro nel 1977: la creazione di onde anomale che devastarono la costa. Inutile dire che potrebbe essere pericoloso per i cittadini di Genova.
Oltre alla pericolosità dell’opera c’è da segnalare anche l’atteggiamento del ministero che dal 18 aprile, data in cui il CNR consegna il rapporto, lo pubblica circa un mese dopo, e, cosa ancor più grave, lo pubblica monco. Situazione sanata dopo che il Fatto Quotidiano ha presentato una richiesta di accesso agli atti. Genova ha già pagato per la sete di soldi di persone senza scrupoli: quello che sta succedendo ora è ancora peggio. Con il processo per il Ponte Morandi ancora in corso, non è possibile credere che ci sia stata ancora una volta una tale leggerezza decisionale (diamo il beneficio del dubbio) rispetto ad un’opera così importante e pericolosa.