di Simone D’Aurelio

Con il trionfo delle elitè cosmopolite, e con la politica ridotta ad essere il passacarte dei tecnocrati, possiamo dire che l’economia (o meglio la finanza), entra in un rapporto dialogico con i diritti, rimodellando la società.

Il primato della “razionalità” economica oggi ha un obiettivo ben definito all’interno del nostro zeitgeist: lo scioglimento di ogni minima nozione di comunitarismo, la distruzione di ogni relazione per far spazio a una nuova ermeneutica che prevede l’uomo schiavo dei mercati e completamente solo. Il depauperare ogni legame passa per un paradigma culturale che plasma le menti immer wieder, e per inserirsi e rimodellare la società non c’è bisogno solo di politicizzare tutta la cultura per i propri scopi, ma bisogna anche creare in seguito e nel mentre una legislazione nuova che rottama le vecchie leggi inutili alla classe dominante.

Tutto ciò che faceva parte del vecchio ordinamento finisce nel dimenticatoio per far spazio a un nuovo tipo di società, ma quella contemporanea non è solo liquida come vuole Baumann, è anche alienata e isolata, nel modo più totale. Infatti tutti i diritti e tutte le leggi che sono il caposaldo del neoliberismo sono improntate per creare un identità astratta e sola, oppressa e devastata in ogni sua parte all’interno del mercato. L’aggregazione di individui e la nuova società del futuro, uniti solo da contratti economici o dall’utilitarismo e non dal sentimento o da fini autentici (se non utilitaristici). Il processo appare evidente di fronte a quello che vuole essere approvato dai paladini del politicamente corretto: l’aborto, l’eutanasia, i diritti civili per coppie dello stesso sesso ecc.

Un’analisi superficiale non ci fa vedere che ogni diritto che viene evocato (compreso quello del ripristino delle case chiuse, o della liberalizzazione delle droghe), in realtà rompe un muro con l’altro e indebolisce i rapporti collettivi: l’uomo infatti diventa sempre più colui che può disporre della sua vita in modo illimitato e fare di tutto purché non danneggi gli altri, pensando alla libertà come una regola di convivenza, e immaginando la persona come una nomade, totalmente astratta, che vede nelle soddisfazione dei bisogni (indotti dal mercato), e nel consumo eclettico, la sua felicità. Si ignora totalmente che la natura dell’uomo è un’essere-in-relazione. Per l’architettura dei tecnocrati e degli euroinomani essenzialmente non esiste più una società con dei progetti umani ma c’è solo un contrattualismo diffuso e degli individui, dove non esistono dei vincoli ma solo delle relazioni incerte e immerse nell’eterno presente, hic et nunc come lo è la finanza d’altronde che è catapultata solo nell’immediato. Lo sbaglio principale di questa cultura dell’io è il pensare che la soddisfazione dell’uomo e la sua realizzazione risieda nel liberismo di massa, dove l’inseguire l’infinito dei desideri è la base per vivere.

Eppure se anche i ricchi piangono, qualcosa vuol dire: la strategia neoliberale è sempre più forte e sempre più presente in Europa da diversi decenni, e le depressioni, le nevrosi,e la continua insoddisfazione che ci pervade ci dimostra che l’uomo prima di tutto è felice solo quando è in relazione. La sua natura è fatta per le interazioni e non per le sole transazioni (utilitaristiche); esso nasce per i fini e non per la vita da consumatore. Non è un caso, se si pensa al matrimonio di persone dello stesso sesso come una normalità, eppure nessuno pensa che il ruolo della donna (o dell’uomo) che in questo caso diventa inutile e isolato oltre che umiliato e intercambiabile, così come si pensa a limare sempre di più i rapporti famigliari esaltando il narcisismo e il self made children (si pensi a Blanco) dove i genitori scompaiono così come la relazione educativa, ma anche l’aborto è l’eutanasia, sono rapporti che escludono l’altro, il nascituro, i parenti, e soprattutto rompono i legami con qualsiasi discorso che c’è di dono, di eredità, di tradizione, di sacralità.

L’uomo diventa un’astrazione senza volto nel neoliberismo che ignora perbene tutto ciò che è “alle nostre spalle”, ovvero pilastro del mondo classico e della teologia, dove quelle premesse filosofiche e teleologiche oggi sono uno scandalo, perché tutto questo comporta una società organica e un reciproco riconoscimento e delle responsabilità, e anche un limite ai consumi e alla commercializzazione di tutto. Nel passato la legislazione era considerata in funzione della persona, e in rapporto all’altro, vi erano quindi dei doveri, e un bilanciamento che creava l’armonia, che dallo slancio verticale Dio-uomo creava un rapporto orizzontale io-tu che era la base per essere-in-relazione.

Ormai quasi tutto è scomparso, il sublimare il diritto all’io narcisista non farà dell’uomo postmoderno una persona matura, semmai la rende sempre più sola, in balia della politica, che ci vuole schiavi del mercato, e poi anche totalmente legati allo stato quale unico e ultimo tutore della verità, del bene, e di ogni nostra azione, avendo tagliato i ponti con l’altro, con Dio, e con tutto il resto.

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