di Vincenzo Maida
C’è una evidente contraddizione legislativa tra l’uso e lo spaccio della droga, figlia della pseudo cultura di Sinistra, a cui bisognerebbe porre rimedio, anche per contrastare un fenomeno ormali dilagante.
La vicenda del figlio del Presidente del Senato Ignazio La Russa, salita alla ribalta delle cronache ormai da diversi giorni, può essere l’occasione per dibattere sulla legislazione che regola la materia dell’uso e dello spaccio delle droghe leggere e pesanti. Non abbiamo elementi per entrare nello specifico del caso in questione, per cui eviteremo condanne o assoluzioni giornalistiche preventive.
Ci preme però evidenziare due cose: a) è ormai abitudine diffusa, e gli opinion maker lo danno quasi per scontato, che una larga fetta di giovani per divertirsi debba ricorrere allo sballo e alla frequentazioni di luoghi in cui è tutto tollerato; b) lo spaccio di sostanze stupefacenti è punito con pene più gravi per le droghe pesanti, più lievi per quelle leggere e solo con una sanzione per l’uso di entrambe. Non passa giorno senza che dalle Alpi all’estremo Sud, non vi sia una retata che ha come oggetto il tentativo di contrastare il fenomeno e spesso ormai le relative notizie non hanno l’evidenza che meriterebbero: se la carta stampata le relega in un angolo, l’informazione radio-televisiva persino le ignora. C’è una sorta di assuefazione dei media e dell’opinione pubblica.
Negli anni si sono susseguite varie leggi per disciplinare la materia. La più importante è il DPR 309 del 1990, aggiornato e modificato varie volte, anche nel 2022 e nel 2023. Quello che ci interessa non è una disamina giuridica o approfondire i motivi per cui il SERT ( Servizio Tossicodipendenze) ha cambiato nome in SERD (Servizio sulle Dipendenze) volendo comprenderle e trattarle tutte, ma quella che appare come una evidente contraddizione: da una parte sono, giustamente, previste pene molto severe per gli spacciatori, dall’altra è tollerato il consumo, per cui chi viene trovato in possesso di una modica quantità per uso personale, nella peggiore delle ipotesi se la cava con una sanzione amministrativa e l’affidamento al SERD, se non è stato un episodio occasionale. Il confine tra detenzione per uso personale e spaccio è sempre molto labile, come ben sanno gli addetti ai lavori, ed è un elemento su cui spesso “giocano” gli avvocati difensori, ma è del tutto evidente che il concetto di libertà di drogarsi appartiene ad una “cultura” che ha un’idea malata del libero arbitrio. Non a caso la Sinistra da anni si batte per la liberalizzazione delle droghe leggere.
C’è poi un altro elemento che dovrebbe portare ad inserire nel codice penale anche l’uso di sostanze stupefacenti, almeno quelle pesanti: non essendo libera la vendita delle droghe è ovvio che il possesso anche per solo uso personale, implica la presenza di uno spacciatore da rintracciare e punire.
Sulla vicenda La Russa, dalle cronache una cosa è emersa con certezza dall’analisi delle telefonate fatte ad una amica: lei aveva fatto uso di cocaina e di altre sostanze. L’informazione sta trattando questo “dettaglio” come se fosse normale che una ragazza di 22 anni per divertirsi debba “sballarsi”, si tratta di qualcosa di aberrante. Ovvio che questo nel caso cui fosse accertato lo stupro non lo giustificherebbe comunque, anzi lo aggraverebbe.
Ma quello che più sconcerta in questi giorni è che anche da parte delle forze governative non si trae spunto dall’episodio per dispiegare un’azione ad ampio raggio (culturale e legislativa), per mettere in un angolo il “libertinismo” della Sinistra e tentare di contrastare un fenomeno che meglio e più degli altri sottolinea la decadenza di una civiltà nelle sue forze migliori che dovrebbero essere invece quelle da cui sperare in una rinascita: quelle giovanili.