di Roberto Fiore

Le dichiarazioni di Marcello De Angelis assumono particolare importanza se vengono lette in corrispondenza a quelle di Ignazio La Russa.

La Russa è parte di quella classe politica, prima MSI poi AN, poi Fratelli D’Italia, di forte esperienza giuridica (avvocato da circa cinquant’anni) che ha sempre rifiutato l’equazione “strage di Bologna uguale strage fascista”. Se oggi cambia idea è perché il potere di cui fa parte gli impone di sostenere quella tesi.

A Marcello De Angelis va il nostro rispetto per ciò che ha dichiarato: rischia, dopo anni di accantonamento, di perdere un posto di lavoro e una funzione politica importante. Perché una persona, che non la pensa come il mainstream, dovrebbe rischiare il posto e di essere esautorato dal suo stesso mondo politico? Proprio nel momento in cui la sua parte è vincente? Perché chi crede che la strage di Bologna non fu fascista, tesi che ha conquistato per decenni da Cossiga all’ultimo intellettuale di sinistra, passando per tutti gli avvocati di destra, oggi viene perseguitato? E perché oggi De Angelis viene trattato come un negazionista del clima o il fautore della famiglia tradizionale ?

Cosa distingue questo regime da quelli passati, se non la più cattiva e radicale idea di decidere ciò che può essere detto e non detto? Chi conosce la giustizia italiana, sa che una serie di processi arrivano alla condanna in Cassazione senza essere sorretti da una singola prova. Nel primo processo contro Ciavardini, a Bologna (fui testimone a suo favore )il Pubblico Ministero, di sinistra, di quel primo grado chiese ed ottenne l’assoluzione di Ciavardini, assoluzione con formula piena e cioè “per non aver commesso il fatto”. Come è stato possibile che dopo l’assoluzione in primo grado, chiesta dal PM, anni dopo, si arrivi alla condanna all’ergastolo in Cassazione? Condanna tra l’altro arrivata senza che sia stata prodotta alcuna prova aggiuntiva contro Ciavardini. La risposta è molto semplice: il potere politico, con il Deep State al centro, impone le sentenze che vuole a tutti i livelli.

Il processo in corso sui fatti del “9 ottobre”, in un certo senso, assomiglia a quello di Bologna; anche qui infatti il potere, i Ministri degli Interni, i Prefetti ed i Servizi hanno deciso che la verità doveva essere una, e cioè che Forza Nuova aveva istigato alla violenza ed assaltato la CGIL, e soprattutto che questa falsità doveva andare avanti a costo di contraddire fatti e logica. I video dimostrano che la verità è totalmente differente, le prove che emergono sia sulle menzogne della polizia che sulle infiltrazioni da parte di settori dello Stato, sono tali, che il processo dovrebbe essere già crollato da un pezzo. Eppure quella volontà politica, quel Deep State di cui parlavamo prima, sta imponendo le condanne. Tutto ciò è spaventosamente simile al processo di Bologna.

Per arrivare ad avere giustizia, deve morire il Deep State, cioè tutto quel settore canagliesco e criminale che imperversa nello Stato imponendo le sue sentenze.

Marcello De Angelis è stato chiaro, ha risposto ad una chiamata superiore, quella della sua coscienza. Ed oggi paga il suo sussulto venendo definito ex terrorista. Qual è la sua colpa? La sua colpa è di essere stato, con me, parte dirigenziale di Terza Posizione negli anni 78/79/80, e di aver creato, secondo il regime, un’associazione sovversiva e una banda armata. Bene: voi pensate che siano state trovate in quell’occasione depositi di armi, prove di crimini di sangue? Assolutamente no. Nulla. Tant’è che tutti i nostri co-imputati furono assolti (dopo 5 anni di carcere). I giudici decisero di adottare un diverso atteggiamento nei confronti di chi era all’estero, in Francia o in Inghilterra ed aveva potuto rifiutare quell’ingiustizia, condannandoci al carcere o all’esilio per 20 anni.

E’ molto difficile che si arriverà ad una revisione del processo di Bologna, anche se ci stanno tutti i presupposti perché questo avvenga. Basta pensare al primo grado del processo Bellini, celebrato alcuni mesi fa, dove sono emersi fatti importantissimi: il coinvolgimento mani e piedi della P2 nella strage di Bologna, cosa che si profila già nelle sentenze del processo di depistaggio Milano-Taranto, dove il sottoscritto è parte lesa, insieme ad altri due persone di Terza Posizione, Giorgio Vale e Gabriele Adinolfi. In quel processo fummo calunniati, furono costruite delle prove contro di noi per addossarci la bomba del Milano-Taranto, che poi coincideva, come componenti, con i residui di quella trovata a Bologna. Tutto questo per addossarci prima il Milano-Taranto e poi Bologna. Il tutto fallì perché un poliziotto parlò e spiegò che questa costruzione, di una pista falsa e del depistaggio, rispondeva ad una volontà ben precisa dei Servizi Segreti Militari e della P2 di deragliare l’inchiesta sulla strage di Bologna. Eppure questo elemento viene in qualche modo dimenticato; ne parla Mattarella ma non dice che era Terza Posizione la vittima del depistaggio. Nonostante la morte dei personaggi, il tribunale di Roma ha voluto una sorta di condanna postuma di tutti i capi della P2 e di tal Bellini che, come dice Totò Riina con estrema chiarezza, è un killer prestato dai servizi americani e israeliani alla mafia, per commettere una serie di omicidi e stragi. Un quadro quello dell’ultimo processo che contraddice le precedenti sentenze e soprattutto affossa la pista nera.

Marcello De Angelis ha detto chiaramente: non comprometto per un posto di lavoro il mio credo che è, oltretutto, suggellato da una sofferenza durata decenni, dalla certezza processuale ed etica che le persone che sono state condannate siano effettivamente innocenti. Ovviamente pesa in lui, e in tutti noi, l’omicidio di Nanni de Angelis, suo fratello, da parte di quelle canaglie che arrestandolo colsero l’occasione per frantumargli la testa e la carcerazione di centinaia di ragazzi, le torture e le vite distrutte.

Coloro che giovanissimi sopravvissero quelle ore non possono mollare, non possono voltarsi dall’ altra parte né abbassare lo sguardo.

Non lo fece Nanni, perché lo dovremmo fare noi?

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