di Vincenzo Maida (Redazione Basilicata)
(foto:www.museoalfaromeo.com/)
Le origini della famosa casa automobilistica Alfa Romeo, che ancora oggi conta 70.000 soci nei club degli alfisti, sono lucane.
Le vicissitudini della famiglia Romeo iniziano dalla seconda metà del 1700, fino alla fondazione dell’Alfa Romeo da parte dell’ing. Nicola Romeo e alla sua morte a Magreglio, in provincia di Como, nel 1938. Maurizio Romeo, genitore del “patron” dell’Alfa, Nicola, era di Montalbano Jonico, un piccolo paese in provincia di Matera, distante una ventina di chilometri dal mare Jonio.
Una vicenda umana e professionale, quella dell’ing. Romeo, che affonda le radici in una storia familiare che dalla Lucania, continua a Sant’Antimo, vicino Napoli, per poi irradiarsi a livello nazionale e internazionale. A Montalbano Jonico è ancora in piedi, disabitato, il palazzo Guida-Romeo, edificato intorno al 1540, dove nacque il padre del fondatore dell’Alfa Romeo. Nicola Romeo, padre di Maurizio e nonno del fondatore dell’Alfa Romeo, nel 1843 partì da Cirigliano, il più piccolo comune della provincia di Matera, e andò a sposare Lucia Guida a Montalbano Jonico. Ebbe due figli: Maurizio e Antonia Maria che rimasero, ancora bambini, orfani di entrambi i genitori.
Maurizio Romeo a circa 30 anni si trasferì a Sant’Antimo, in provincia di Napoli; era un maestro elementare. Tra le sue alunne vi era Consilia Taglialatela. Se ne innamorò e non appena lei compì 15 anni la sposò. Il primogenito di otto figli, lo chiamò Nicola come il padre. Nel 1899 Nicola Romeo si laureò a Napoli in ingegneria civile a 23 anni e appena dopo andò a Liegi a conseguire una seconda laurea in ingegneria elettrotecnica. Tornato in Italia, progettò la ferrovia elettrica Tivoli Roma. Fondò numerose società, ma il colpo di genio lo ebbe nel 1915 quando rilevò una fabbrica di auto che era fallita, l’ALFA ( Anonima Lombarda Fabbriche Automobili ). Ci aggiunse il suo cognome e fondò una delle case automobilistiche più famose al mondo: l’Alfa Romeo. Voleva togliere il simbolo del biscione e sostituirlo con quello del Vesuvio, ma la vecchia proprietà minacciò di far saltare il contratto.
L’ing. Nicola con i primi soldi che guadagnò, memore del fatto che il padre era stato orfano di entrambi i genitori, finanziò a Napoli un orfanotrofio. Questo gesto gli valse importanti riconoscimenti nella città partenopea. Una delle sue sorelle si chiamava Giulietta. Il fascismo era già solidamente al potere e il 9 giugno del 1926, all’ing. Nicola Romeo arrivò a firma del Duce Benito Mussolini la seguente lettera:
Roma, 9 giugno 1926
Pregiatissimo Ing. Romeo,
ieri tornando da Firenze ho guardato con attenzione gli strumenti della mia Alfa (che va, del resto, molto bene) e ho fatto le seguenti constatazioni:
1) I magneti sono tedeschi (Bosch);
2) L’orologio è svizzero;
3) La tromba (che non funziona) è francese;
Non escludo che nell’interno vi siano altri “esotismi”.
E’ così che si aiutano i prodotti nazionali?
Non si fanno – dunque – in Italia magneti, orologi, trombe?
Saluti
Seguì una lunga e articolata lettera di risposta dell’ing. Romeo, con la quale si impegnò a utilizzare maggiormente componentistica italiana. Due anni dopo, nel 1928, egli fu nominato Senatore a vita, con una “piccola” differenza rispetto ad oggi: per l’alto prestigio del ruolo, come gli altri nominati, pagava lui allo Stato in ragione del suo reddito. L’ing. Romeo versava la cifra di 3.000 lire all’anno, un importo notevole all’epoca. A 62 anni, i 15 agosto del 1938, l’ing, Nicola Romeo si spense a causa di un tumore. La sua morte fu commemorata al Senato dal Presidente Luigi Federzoni e appena dopo di lui chiese la parola il Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano.