di Vincenzo Maida
I “buonisti” per autodefinizione verso l’’immigrazione selvaggia e quelli di generazione Z, non prestano alcuna attenzione ad un problema vero che ci sta travolgendo ed ha aspetti disumani. Nei paesi industriali del mondo occidentale è noto che gli anziani rappresentano un peso per la famiglie di cui “liberarsi” confinandoli nelle RSA (residenze sanitarie assistenziali), oppure, nei casi in cui il fisico è compromesso in modo grave, nelle Lungodegenze ospedalieri.
In passato timidi tentativi per far rimanere l’anziano nel proprio domicilio furono compiuti dalle Province, poi le competenze passarono alle Aziende Sanitarie ed infine con i comuni l’assistenza domiciliare integrata (sociale e sanitaria) è praticamente scomparsa. Il sogno di ogni anziano è quello di rimanere a vivere gli ultimi anni della sua vita nel proprio domicilio e nel proprio ambiente, ma pochi riescono a realizzarlo. Spesso poi subentrano complicazioni come l’inizio della demenza, che è una grave affezione degenerativa del Sistema Nervoso Centrale, le cui cause non sono a tutt’oggi del tutto conosciute. La prevalenza della demenza nei paesi industrializzati è circa dell’8% negli ultrasessantacinquenni e sale ad oltre il 20% dopo gli ottanta anni. Secondo alcune proiezioni, i casi di demenza potrebbero triplicarsi nei prossimi 30 anni nei paesi occidentali.
È noto che tenere il cervello allenato insieme al fisico, rappresenta un modo concreto per evitare o ritardare le demenze, ma nelle società industriali, l’uomo quando smette di lavorare è considerato un peso e non una risorsa. L’Italia è uno dei paesi europei più anziani (età uguale o superiore a 65 anni) e quasi il 17% della popolazione, per un totale di 9,5 milioni, ha superato i 65 anni di età. Sono pertanto in aumento tutte le malattie croniche, in quanto legate all’età, e tra queste le demenze. Il progressivo incremento della popolazione anziana comporterà un ulteriore consistente aumento della prevalenza dei pazienti affetti da demenza.
In Italia il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600mila con demenza di Alzheimer), e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari. Esse risiedono soprattutto nel Sud Italia, dove la presenza di un anziano spesso è una risorsa economica per familiari disoccupati. Le demenze si distinguono in base alla loro progressione in reversibili e irreversibili, ma queste ultime sono davvero poche. Servirebbe un Piano di intervento a livello nazionale, modulato sulla base delle diverse realtà, che tenga quindi conto del contesto sociale ed economico dei comuni.
Abbiamo appreso da alcune famiglie albanesi residenti in Italia da molti anni, che è loro consuetudine farsi carico dei genitori anziani e vivere con loro nella stessa casa: per tante ragioni da noi sarebbe impossibile, ma l’obiettivo dovrebbe essere quello non solo di favorire il più possibile la permanenza dell’anziano nel suo contesto socio-familiare, ma anche il suo impiego in progetti di utilità sociale, come quella del nonno-vigile davanti alle scuole elementari, a quelle per l’infanzia, etc. Qualche timido tentativo in questo senso lo stanno facendo alcuni comuni, ma sono tanti i settori in cui l’anziano potrebbe impiegare il tempo utilmente e, da un peso per la società, trasformarsi in risorsa con benefici per tutti.