di Simone D’Aurelio
Ritrovare l’essere, riconquistare il ruolo della filosofia, e del mondo umanistico oggi, rimane una priorità assoluta, proprio per questo scrivo il suddetto articolo che si configura anche come una lettera aperta rivolta a tutti gli intellettuali che hanno intrapreso gli studi umanitari. Dobbiamo pensare infatti che in mezzo alle costanti notizie negative (regresso economico, impotenza politica, degenerazione sociale ecc. Ecc.), oggi noi siamo chiamati a testimoniare senza paura la nostra concezione di umanità, il nostro modo di pensare l’uomo, la politica, il bene e il male, e tutto ciò che ne consegue, e dobbiamo darne l’esempio in prima persona.
Oggi possiamo essere un faro di speranza per le generazioni future e questo ci porta a vivere controcorrente, e nonostante il periodo negativo a livello politico, culturale,spirituale e sociale, ancora oggi possiamo dire che ci sono intellettuali coraggiosi,e ci sono eventi scomodi per i vari padroni apolidi, e c’è ancora tantissima letteratura (filosofica e non) a livello contemporaneo che mette in crisi i registi del discorso unico. Proprio in questi anni esce fuori la missione prioritaria degli umanisti che è quella di difendere l’ontologia, la dignità umana e la concezione antropologica, legandola a una nozione extratemporale e indisponibile di fronte al progresso tecnico.
Ora che il turbo-capitalismo vince e dissolve tutto, c’è bisogno più che mai di teologi, di uomini di fede, di letterati, di filosofi, di musicisti, di sociologi, che sono in grado di codificare l’essere, di guardare di nuovo alla natura, alle relazioni, alla vita, all’etica e ai valori che devono rinnovare questa società sempre più degradata e solitaria. Se tutto questo può sembrare una semplice doxa, c’è in realtà da stare attenti: dall’uomo alienato dalle macchine e dal capitalismo del tardo ottocento si arriva all’uomo inutile e schiavo della tecnica postmoderna dove vi è solo un filo sottile che li divide, un fil rouge che rischia di essere rescisso.
Eppure proprio tra pragmatismo, robot e intelligenza artificiale esce fuori il bello dell’umanità, del “piccolo resto”, disperso negli angoli delle Chiese, nelle celebrazioni Tradizionali, negli editori che lottano controcorrente, nelle associazioni che si battono contro l’idra euroinomane made in Bruxelles. Per quanto il mondo dei magnati di Davos guarda al transumanesimo, alla distruzione delle libertà, alla rottamazione della concezione antropologica, e al trionfo dei mercati, il mondo degli umanisti oggi può rispondere con tutta la bellezza del mondo classico e con tutta la sua forza può arrivare a fissare in modo definito e completo il fenomeno tramite il noumeno, riprendendo il fil rouge della
metafisica, determinante per tutti i popoli del mondo, ma gli umanisti sono chiamati anche a riscoprire l’uomo, la nostra tensione verso l’eterno, e alcuni concetti che da sempre sono necessari per vivere insieme ed ereditare una vita felice e soddisfacente.
Le arti classiche e umanistiche, ancora oggi (se non ci affidiamo ad alcuni cattivi maestri della modernità), possono parlarci in modo efficace dell’essere e del non-essere, del bene e del male, dei principi primi e ultimi che circondano il mondo e che determinano il nostro percorso e le nostre scelte in questi brevi istanti che abbiamo di fronte. C’è da guardare di nuovo insieme a loro, il concetto di dignità, di eredità, di tradizione, scappando via dalle strade facili intraprese da questa società, fatta di moralismi da asporto, di commercializzazione di ogni elemento, e di distruzione di ogni identità.
La crisi di significato, di comunione, di fratellanza, di unione oltre lo spazio e il tempo, la crisi dell’eterno, delle certezze, delle emozioni e dei fini della vita è una freccia che è nell’arco degli umanisti, e non è un’arma a disposizione degli intellettuali che si occupano delle hard sciences, proprio quelli che oggi sono sminuiti, a volte disprezzati, oppure odiati (come i teologi), in realtà oggi possono ridisegnare il mondo e assegnarli di nuovo un valore intrinseco che ad esso è
necessariamente collegato. E proprio questa capacità di ridare linfa alla società, prendendo spunto dalla tradizione, dalla
religione, dal mondo classico, dallo studio del reale nelle sue massime profondità è un mondo per ricostruire e rilegare a sè quel prestigio e quella forza che il mondo umanistico ha sul reale: in prima battuta sembra un sapere molto astratto e dispersivo, ma i suoi risultati sono tangibili e indispensabili nel concreto per creare una società organica, che è solidale e che si concentra al raggiungimento del benessere tout court, ritrovando di conseguenza l’essere.