di Gloria Callarelli

La trama della vendita di TIM ha tutta l’aria di essere quella di una spy story. Sì perchè al di là del braccio di ferro sugli investimenti è proprio lo studiare a fondo i vari attori in causa che ci porta a comprendere la reale portata geopolitica della posta in gioco.

L’Italia vuole la sua fetta. Per tanti motivi. Tra gli altri il più importante è sicuramente quello che riguarda i dati sensibili. E Sparkle. Sparkle è la società del gruppo strategica per quanto concerne la sicurezza. Gestisce una rete in fibra ottica di circa 600.000 chilometri, da Sparkle passano praticamente tutti i dati. Non per niente anche la Marina Militare aveva firmato un accordo di cooperazione per la tutela di questi sistemi. Strategica a tal punto, quindi, da aver visto negli anni una serie di movimenti e incontri a livello profondo. Si legge in un articolo di MondomobileWeb, rivista specializzata nel settore, che nel 2017 il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni avrebbe sostenuto in una riunione del Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica), organo che controlla i servizi segreti italiani, la “strategicità” di Sparkle. Definizione “più politica che da profilo giuridico”, come sostenuto da Franco De Benedetti, figlio dell’ex presidente di Olivetti. Di recente, l’importanza di Sparkle è finita sotto la lente di Adolfo Urso, già ex numero 1 del Copasir, e da tempo ritenuta dallo stesso ministro di importanza essenziale. In Sparkle, dicevamo, sono connessi migliaia di chilometri di reti che collegano tutto il mondo: dall’Europa al Medio Oriente, all’America. Sarebbe la piattaforma Cloud nella quale passano anche le comunicazioni intergovernative. In altre parole: una cassaforte per i servizi segreti di tutto il mondo.

Sparkle, recentemente, ha potenziato le sue linee anche in Africa, collegando Gibuti, che ha appena installato sul suo territorio una piattaforma spaziale di proprietà cinese, con l’Europa (soprattutto attraverso lo snodo siciliano di Palermo) e l’India. Gibuti non è un Paese qualunque: anche la sua posizione sul Corno d’Africa, tanto per essere ridondanti, è strategica ed ospita inoltre la più alta densità di basi militari. Gli Stati Uniti, che da qui fanno partire gli F15 verso il Medio Oriente, vantano numerose unità d’intelligence. Poi c’è la Francia. Enrico Bagnasco, Ad Sparkle, parla di “collaborare nel campo dell’istruzione con programmi di formazione concepiti per condividere la conoscenza del settore delle infrastrutture digitali”. Un modo come un altro per penetrare nel Paese.

Geografia a parte, dunque, è interessante rilevare chi sta mettendo le mani su Tim affinchè il quadro geopolitico sia completo. L’asset è con KKR che, abbiamo detto, è di proprietà dei noti fondi d’investimento in mano alle solite famiglie legate all’Alta Finanza. Ma quello che fa riflettere è ben altro. Per esempio: sapete chi è partner e figura decisiva del gruppo? Il generale David H. Petraeus (US Army, in pensione) che è partner di KKR e presidente del KKR Global Institute, da lui fondato nel maggio 2013. Si legge nel suo curriculum: “Ha servito come direttore della CIA durante un periodo di risultati significativi nella guerra globale al terrore. Il generale Petraeus si è laureato con lode presso l’Accademia militare degli Stati Uniti”. E’ stato pluripremiato ed è già finito al secondo posto quale uomo dell’anno sulla rivista Time. Interessante no?

Data decisiva per il futuro del gruppo, salvo cambi di programma, il 30 settembre: c’è il rischio che salti tutto, che KKR abbassi l’offerta o che VIvendi, il socio di maggiorenza, si impunti. Una cosa è certa. La disperata volontà dell’Italia è quella di continuare ad avere voce in capitolo su quella che è la governance di un asset di casa nostra importantissimo, prevedendo, nell’ultima bozza di decreto del governo sulla rete TIM, “un ruolo strategico del Governo nel perseguimento degli obiettivi di sviluppo di rilevanza strategica e in materia di sicurezza nazionale”, cercando di lasciare aperta la possibilità per lo Stato, comunque in minoranza, di acquisire tutta(!) Sparkle. Tutto questo in uno scenario in cui il 5G, oramai tecnologia militare, la fa da padrone.

Da vedere, in un Paese come il nostro, totalmente subalterno a poteri altri, cosa e come si concluderà questa trattativa e quanto di tutto quello che verrà deciso, comunque, avrà seguito. Una volta che questi giganti si siederanno sulle poltrone che contano, infatti, sarà (quasi) impossibile spostarli.

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