di Gabriele Manfrè

Fino all’avvento del dollaro, il valore di scambio internazionale utilizzato era l’oro e i vari proprietari del globo lo comandavano riempiendosi le banche del metallo prezioso rafforzando sempre di più il loro potere d’acquisto.

Poi scoppiò la seconda guerra mondiale e nel 1944 si riunirono in congresso le nazioni unite, in un albergo di Breton Woods, ove gli Stati Uniti, dimostranti di essere una mega potenza, convinsero gli alleati a smettere di acquistare in oro e di iniziare a farlo in dollari, facendo sostanzialmente da tramite tra il valore dell’oro e le nazioni. Finito il conflitto, per cause di ovvia forza maggiore, tutti iniziarono a stare alla nuova regola a stelle e strisce. Così facendo, i governi, acquistati dollari, si trovarono in totale balia del gigante Americano, perché avendo più dollari che metallo prezioso in cassaforte, gli Stati Uniti, per indebolire i rivali, stamparono più moneta del necessario, indebolendo così le casse delle altre nazioni, tecnica ispirata dall’utilizzo dell’inflazione da parte dell’impero romano.
Questa dottrina venne utilizzata fino agli anni 70; poi arrivò Nixon che promosse il fatto che il dollaro e l’oro non sarebbero più stati collegati. Si perché fino a quel giorno si poteva ancora andare in banca e cambiare le monete con il pari valore dell’oro. Così facendo, il presidente degli Stati Uniti e la sua oligarchia dissero al tutto il mondo che dal momento in poi, un dollaro valesse un dollaro. Perché lo avevano deciso loro. Nacque così la moneta FIAT, tipologia di moneta ancora vigente.

Lo strapotere del dollaro sembra inarrestabile, almeno fino a quando nacque la BRIC nel 2001, Brasile, Russia, India, Cina, poi diventata BRICS nel 2010 con l’arrivo del Sud Africa. La BRICS nasce come concorrente commerciali degli Stati Uniti, concorrenza divenuta più fittizia con il riutilizzo dell’oro come valore di scambio. La pietra preziosa che per anni fu messa da parte è tornata nello scenario internazionale perché, non potendo subire inflazione ed essendo un bene finito, a differenza del dollaro, può seriamente mettere a rischio il valore della moneta verde, che, tra le altre cose, ha un grande vincolo petrolifero. Altro rischio grande dal momento in cui i BRICS oramai gestiscono l’OPEC.

I nostri media terminali si dimenticano spesso di entrare nel cuore delle questioni legate alle guerre mercenarie in Africa, guerre che gli europei stanno perdendo con cocenti batoste. Perché gli scontri in Africa sono così importanti per il continente antico? Perché, oltre ad essere i territori dai quali attingiamo per la presa di materia prima, sono anche zone che pullulano di miniere d’oro, soprattutto il Sudan, che non a caso fu la prima nazione colpita da questo nuovo avvento orientale post scontri in Ucraina. Con questo massacro dell’Ecowas, i Russo-Cinesi, oltre a delle ovvie convenienze legate al nuovissimo colonialismo, riescono a tenere il controllo di un grandissimo quantitativo d’oro, oro che si trova tra le mani di privati facilmente corrompibili. Con questa manovra militare, la Russia, aggira facilmente le sanzioni che, ricordiamo, sono sanzioni legate all’acquisto e alla vendita in dollari, ed inoltre, insieme ai Cinesi, si stanno garantendo, in ottica futura, il più grande commercio d’oro al mondo.

A fronte di ciò, le nazioni competitor dei padroni dell’occidente, stanno tentando di coniare una moneta unica per le proprie nazioni, moneta legata al valore del metallo, la GOLDEN BRICS. Ora, gli Stati Uniti stanno per finire? Improbabile, o meglio, improbabile nel breve tempo, comunque 18 delle 20 maggiori aziende mondiali hanno sede nella terra di Washington. Questo momento storico lo chiamerei piuttosto l’inizio della dedollarizzazione. Inizio evidentemente sancito, in maniera suicida, dall’accensione della miccia in Ucraina. 

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