di Luigi Cortese

Il prossimo 27 settembre, a Roma, presso l’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio, alla Via Lungotevere della Vittoria 31, si terrà il convegno organizzato dalla Camera Penale Militare dal titolo “I crimini di guerra e di aggressioni da Priebke alle violenze nei territori di guerra”.

La Camera Penale Militare è un’associazione italiana che si occupa del Diritto Penale Militare, e, seguendo i principi dettati dal suo Statuto, persegue la formazione, l’aggiornamento e la promozione del profilo professionale dei suoi iscritti. Il convegno in oggetto, secondo i suoi organizzatori, nasce per la necessità di trovare nella società quella forza, in cui il valore della pace e della libertà, permetta a tutti di muoversi in un contesto internazionale, seguendo i dettami costituzionali, garantendo a tutti le più ampie libertà e possibilità di scelta.

La nostra quotidianità è ormai stravolta da notizie di guerre più o meno aspre, che su vari fronti parlano di genocidi, crimini di guerra, tribunali speciali ed interventi legislativi. Notizie ormai drammatiche che, nonostante i “progressi” delle civiltà, suonano come una sconfitta generale dell’intero genere umano. Gli organizzatori di questo convegno si pongono l’arduo compito di rivisitare storicamente quanto nel tempo è stato compiuto dall’uomo sulle violenze degli uomini, al fine di comprendere quali saranno le successive sfaccettature sul conflitto tra gli uomini e tra gli Stati.

Così l’Avvocato Nicola Trisciuoglio che sarà relatore sul tema “I processi di Norimberga: ‘de iure condendo’ il diritto dei vincitori. Rivisitazione critica giuridica di un processo alle idee”: “Il 27 settembre svolgerò una mia relazione al Convegno “I crimini di guerra e di aggressioni da Priebke alle violenze nei territori di guerra” che verterà sul “Processo di Norimberga”. Non anticiperò il contenuto della mia Relazione che sarà pubblicata agli atti del Convegno, ma intendo rappresentare alcuni canoni ermeneutici del mio pensiero, avulso da ogni riferimento ideologico, in punto di puro diritto, che intende stigmatizzare l’iniquità di un processo che rappresentò anzitutto una falsa versione storica di atti, fatti e circostanze e, conseguentemente, sancì la condanna a morte del diritto. È vero! Norimberga svelò un orrore al mondo intero: l’olocausto. Ma non fornì alcuna prova inconfutabile sul numero delle vittime. Rappresentò – non rileva qui – se a torto o eventualmente a ragione, la condanna senza appello delle ideologie dei vinti, prescindendo pregiudizialmente dalla valenza probatoria delle accuse, senza minimamente dimostrare la reale portata di quei crimini orrendi così che in quell’aula “sorda e grigia” fu condannato a morte il diritto. Il processo “farsa” ai vertici delle gerarchie del nazionalsocialismo processualmente rappresentò un copione cinematografico hollywoodiano il cui esito era apertamente non solo prevedibile, ma scontato… Uno schiaffo al diritto, una cicatrice indelebile al corpo della Lex e alle garanzie processuali. Segnerà la via all’uso strumentale dei processi internazionali fino ai nostri giorni rappresentando, la negazione di tutto ciò che un processo avrebbe dovuto essere con la salvaguardia delle garanzie del diritto di difesa: la giurisdizione dei vincitori che si autoproclamarono giudici dei vinti. I processi di Nicolae ed Elena Ceaușescu fino a Saddam hanno segnato la più grande vergogna della storia del diritto.

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