di Mattia Taricco

 

Tutte le statistiche, italiane ed europee, lo affermano: la criminalità e la violenza tra i giovanissimi sono in costante aumento.

 

Dai recenti fatti di cronaca come lo stupro di Palermo al fenomeno dei cosiddetti “Maranza”, definizione folcloristica per ciò che è nella pratica uno stadio embrionale delle baby gang, basta osservare la quotidianità di ciò che ci accade intorno per rendersene conto. Gruppi di giovanissimi che si riuniscono con il solo scopo di combattere la noia commettendo reati: il fenomeno ha chiaramente forme culturali ed è spaventosamente in linea con il deserto di civilità dei nostri tempi.

 

Sociologi e giornali si sono accorti del problema, e ne imputano le cause ai fattori più disparati: problemi socio economici, la mancanza di opportunità lavorative, il fallimento del ruolo educativo della scuola, o più in generale semplici fattori familiari. Non sono propriamente in accordo. Indubbiamente questi fattori incidono, ma ciò di cui non ci si rende conto però è che sono creati, e sponsorizzati, dalla società stessa, dai media, dalle varie forme di intrattenimento, dalla musica e dalla cultura. Sono figli della società globalista, materialista e dell’assenza di valori, dell’uomo merce, solo e lupo per gli altri uomini.

 

Partiamo dalle varie serie TV, che tanto successo hanno avuto: serie come Gomorra o Narcos che nella pratica esaltano la figura del criminale, che forniscono ai giovani un modello di comportamento che diventa moda. La musica, quasi la totalità della trap o della drill, i cui maggiori esponenti sono immigrati di seconda generazione, sono monotematiche nei contenuti: droga, soldi, la mia gang, vita sbagliata, galera ecc.. Ottimo: in effetti in un mondo in cui regna il capitale e in cui le opportunità e la vita sono strettamente legate a quanti soldi si possono fare o investire, perché non darsi alla vita criminale?

 

La debolezza è della giustizia rispetto a certe categorie: è un dato di fatto che nel mondo del politicamente corretto esistano alcune categorie intoccabili, in questo caso parliamo appunto degli immigrati. Se un gruppo di ragazzini italiani sgarra, le forze dell’ordine, forse a ragione, probabilmente ci andranno giù pesante. Nessuno toglierà una grossa multa a carico dei genitori. Ma se una gang di immigrati fa la stessa cosa, la polizia probabilmente avrà le mani legate; i media progressisti o mainstream sono sempre dietro l’angolo pronti a denunciare la violenza delle forze dell’ordine. I giudici probabilmente saranno molto più lassivi nelle condanne e se non ci sono soldi da prendere alle famiglie è inutile perfino denunciare, paga lo stato. Un esempio di questo fenomeno, cui si può assistere quotidianamente, lo troviamo nelle grandi città: Milano, Roma o in Piazza Castello a Torino, in pieno centro, diventata luogo d’incontro di questi personaggi liberi letteralmente di fare ciò che vogliono di fronte ad una sola ridicola auto della polizia lì vicino, presente evidentemente a mò di arredo urbano.

 

Tornando alla musica e osservando i tanti gruppi telegram nascosti, molto frequentati dai giovanissimi, emerge un’altra questione preoccupante: la considerazione della donna al di sotto di un mero oggetto.

No: non stiamo parlando di patriarcato o altre stupidaggini politicamente corrette secondo cui la colpa è del maschio bianco ed eterosessuale “privilegiato”, stiamo parlando ad esempio delle miriadi di video di Revenge Porn che girano ogni giorno su questi canali, pubblicati spesso dagli stessi fidanzati delle ragazze; video di stupri o violenza di gruppo, lo stesso stupro di Palermo aveva avuto parecchia diffusione, di canzoni che definiscono la donna una “facile” e altre amenità; di far passare il concetto secondo il quale quanti più soldi si hanno quante più donne si possono “comprare” e usare a proprio piacimento. Questa è l’emancipazione del maschio oggi o delle femministe odierne: questo il cortocircuito nel quale si perdono, credendo di essere entrate nel progresso, non rendendosi conto di trasformarsi in meri oggetti alla mercé del denaro e della degenerazione. Molti giovani e giovanissimi sono affascinati da questo mondo, figlio a tratti riconosciuto dei nostri tempi; d’altronde appartenere a un gruppo e cercare una sorta di identità o di appartenenza sono bisogni primari dell’uomo in quanto tale e, come detto prima, possono assomigliare a una sorta di ribellione.

 

La vera ribellione però, al giorno d’oggi, può essere soltanto la ribellione spirituale: la rivolta dell’anima contro il mondo moderno, la riscoperta dei valori tradizionali e delle virtù. Il coraggio, la lotta dei pochi contro i tanti, il rigore ideale e spirituale che distruggono il materialismo.

Il vero giovane ribelle è colui che lotta per cambiare la società e il sistema, senza bisogno di sottomettersi ai suoi dettami o di fare del male gratuito al prossimo. Senza il bisogno del denaro. Se si vuole essere ribelli, dunque, occorre spezzare le catene innanzitutto culturali dei nostri tempi e iniziare a pensare e poi vivere altrimenti. Così si potrà essere uomini oggi, con orgoglio e umiltà.

 

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