di Roberto Fiore (foto: metropolitanagency.it)
In questi giorni sulla questione israelo-palestinese più di un commentatore ha ripreso la tesi che ho recentemente espresso e che appartiene al bagaglio storico dei movimenti Palestinesi: la tesi di uno Stato e due popoli. Dopo il fallimento del concetto di due Stati e due popoli (avversato in ogni caso da coloro che hanno tenuto il potere in Israele) si torna dunque all’idea che fu di Arafat e degli altri palestinesi.
Se la teoria dei due Stati fosse stata effettivamente applicata e fosse stato diviso in due il territorio della Palestina storica, sicuramente si sarebbe verificata un’ingiustizia di fondo: Israele, infatti, avrebbe comunque occupato terre non sue ed i milioni di rifugiati palestinesi sarebbero rimasti vittime eterne della storia. L’odio razzista e suprematista di Israele non permette, altresì, la creazione di una patria palestinese: per i sionisti l’unica soluzione sarebbe concedere autonomia ai territori palestinesi ma impedendo il collegamento fra di loro; territori autonomi dunque, ma non indipendenti, che l’esercito israeliano può occupare in qualsiasi momento. L’immagine d’Israele che in questi giorni circonda Gaza e taglia la strada agli aiuti essenziali alla sopravvivenza è una realtà costante del conflitto israelo-palestinese.
Uno Stato e due, o forse più, popoli sarebbe una realtà differente con un’idea di giustizia alla base. Innanzitutto si prevede la presenza di spazi per tutte le realtà etnico religiose. I popoli e le religioni su quella terra sono diversi: vi sono forti realtà cristiano-palestinesi, vi sono drusi; gli stessi ebrei sono divisi in decine di gruppi che vanno dai falascia (etiopi) ai russi (oltre il milione). Uno Stato confederato multietnico e multireligioso somiglierebbe al tranquillo Libano prima della guerra provocata da Israele con la cacciata di un milione e mezzo di palestinesi.
Il precedente storico lo troviamo nella Svizzera medioevale quando gli scontri continui e costanti fra popolazioni che abitavano vicine davano vita ad un conflitto continuo che non trovava soluzioni. E’ il momento di San Nicolao della Flüe, asceta, che decise di intervenire proponendo un sistema confederale alle popolazioni in guerra; una proposta di pax romana che il Santo affida a questi focosi cittadini del 15° secolo nella speranza che si arrivi alla convivenza. In realtà così non avviene: gli scontri di lì a breve ricominciarono e San Nicolao della Flüe tornò questa volta con un piano definitivo prima del suo ritiro spirituale. Propose la nuova costituzione: le popolazioni locali trovarono un d’accordo e si inaugurò un periodo di pace che dura tuttora e che poggia su una struttura cantonale a forte autonomia accompagnata da un’idea di governo che ruota e non permette egemonie e predomini.
Il problema essenziale di Israele è che (e lo dice la stessa sua bandiera con l’azzurro del Nilo e dell’Eufrate che rappresentano i confini alla stella di Zion) la sua è un’idea di Patria ebraica enorme, tale da spazzare via tutte le realtà arabe. Idea suprematista che si basa sul concetto veterotestamentario per cui il popolo di Tel Aviv si ritiene il popolo eletto e pertanto deve poter dominare gli altri popoli e guidarli.
Questa idea ha portato a sistemi distorti di giustizia e di economia, oltre che a una mancanza totale di convivenza civile: è questo il motivo essenziale per cui tutti coloro che non si identificano con il suprematismo ebreo tendono a rifiutare Israele. Molta della sinistra ebraica non accetta l’idea che ci sia un razzismo interno causato dal proprio popolo, mentre alcuni gruppi religiosi come Naturei Karta sostengono che il popolo ebraico non possa accedere al privilegio di una terra del “latte e del miele”. Sono contrari al sionismo i Paesi arabi ed è contrario anche tutto il mondo cristiano. Non solamente le comunità palestinesi e i vari patriarcati del Medioriente, ma anche tutta la realtà nazionali del Libano e della Siria, fortemente antisionisti.
Ecco perché il sionismo ed Israele figlio dell’idea Sionista non hanno futuro.
Se l’Italia politicamente giocasse ancora un ruolo serio avrebbe tutte le carte in regola per gestire il problema del Medio Oriente che un tempo chiamavamo Vicino Oriente: proprio perché la geopolitica ci insegna che siamo vicini come sentimenti a quella che per noi rimane Terra Santa.
Ill.mo Roberto Fiore,una mia semplice valutazione fatta dall’ultimo dei tassisti: se non ricordo male, arabi ed ebrei europei ed ebrei africani, hanno convissuto assieme fino a dopo la II guerra mondiale. L’onu, si scrive così ma si pronuncia Stati Uniti d’America, definì i territori e diede al 37% dell’allora popolazione, ovvero agli ebrei, il 60% dei territori e oltretutto, concesse quelli più fertili. Dopo la guerra dei 6 giorni, Israele poté pure contare sull’ importantissima striscia di Gaza che, a tutt’oggi non totalmente, ma è sempre controllata marginalmente da Israele. Io, come dice la mia costituzione, ripudio la guerra ma capisco il popolo palestinese. Carissimo Fiore, come hai scritto tu, anch’io auspico uno stato per due popoli, e auspico pure l’interessamento dell’Italia in questo eventuale fragilissimo passaggio, al posto del gigante usa che ha sempre messo becco nelle faccende politiche di questa delicatissima parte del mondo, non risolvendo mai definitivamente la questione Israelo-palestinese. Si vis pacem, para bellum! Spero che non sia così, almeno per questa volta.
vi fate delle illusioni. il concetto di guerra e pace,per l’islam,non è lo stesso che ha da noi.
in proposito bassam tibi ( in islamic political ethics a cura di sohail h.hashmi, princeton university press, princeton 2002,pp.175-193,)
sottolinea che la pace esiste solo fra musulmani. non è possibile tra musulmani e non musulmani. questi ultimi o si convertono o si sottomettono (è la situazione dei dhimmi).
o muoiono.( aggiungo io)
cita l’obbligo coranico di islamizzare il pianeta ( corano xxxiv,28) e lo definisce ,appunto, come obbligo.
gli aggressori sono coloro che rifiutano l’islam.
e al-bannah, fondatore dei fratelli musulmani, cui hamas si ispira, ricorda che è un versetto coranico imperativo e un’esortazione obbligatoria.
( ho citato bat ye’or “verso il califfato universale ” lindau 2009 pp.9 e 10.)
p.s non mi aspettavo venisse utilizzata una interpretazione della bandiera utilizzata,nientemeno, che da Arafat. ( come leggere il colpo di stato dall’ottobre del17 sulla pravda dell’era breznev.
attendibilità uguale a 0.
già il congresso sionista a fine 800 in Svizzera adotta il talit con la stella di David come bandiera.
il resto è fuffa.pensavo che Fiore non si facesse prendere da simili bufale.
dommage.