di Mattia Taricco
“Presunta diffamazione” e “contenuti potenzialmente illegali”, con queste accuse il social network X (ex Twitter) finisce nel mirino della commissione UE.
Anche gli altri social sono sotto controllo, ma con Zuckerberg si può stare più tranquilli. Il CEO di Meta ha infatti prontamente dichiarato: “Dopo gli attacchi terroristici a Israele da parte di Hamas sabato scorso, abbiamo creato rapidamente un centro operativo speciale formato da esperti, inclusi quelli che parlano fluentemente ebraico ed arabo, per monitorare da vicino e rispondere a questa situazione in rapida evoluzione. I nostri team lavorano 24 ore su 24 per mantenere sicure le nostre piattaforme, intervenire sui contenuti che violano le nostre politiche o le leggi locali e coordinarsi con i fact-checker di terze parti nella regione per limitare la diffusione della disinformazione. Continueremo questo lavoro man mano che questo conflitto si svilupperà.”
Il social di Elon Musk, invece, aveva già avuto frizioni col politicamente corretto in passato e fu ripreso dalla stessa UE per problematiche relative ai contenuti, dunque vi si è concentrata maggiormente l’attenzione. Per fare in modo che non arrivi agli utenti materiale non approvato, la Commissione Europea ha scritto una lettera a Musk, pubblicata su X dal commissario per il mercato interno Thierry Breton, chiedendo un resoconto sulla lotta alla disinformazione urgente.
Disinformazione che non va assolutamente intesa in senso letterale, ma letta con la chiave del linguaggio orwelliano: tutto ciò che non è approvato diventa automaticamente “disinformazione”, a prescindere dalla veridicità dei fatti. Nel mondo dove la guerra è pace, la libertà è schiavitù e l’ignoranza è forza la vera disinformazione, quella di stato, viene appunto definita col suo contrario.
Tornando ai fatti: Musk ha tempo fino al 18 ottobre per dimostrare che anche sul suo social è stato attivato adeguatamente un protocollo anti disinformazione, che sia in conformità con il Digital Service Act, la nuova legge Europea sulla censura oggetto di pesanti dibattiti. Se il social non verrà ritenuto idoneo probabilmente arriveranno ban e multe molto salate da pagare, che potranno arrivare al 6% del fatturato totale dell’azienda.