di Thiago Silva (corrispondente dal Brasile)
In un documento pubblicato lunedì, le Nazioni Unite (ONU), attraverso il loro Comitato per i Diritti Economici e Sociali, hanno ancora una volta fatto pressione sul Brasile per depenalizzare l’aborto. Il documento è il risultato di un’audizione che il governo brasiliano ha subito due settimane fa a Ginevra, in Svizzera. Secondo il rapporto, il Comitato ha espresso preoccupazione per “gli ostacoli che le donne devono affrontare” quando cercano di sottoporsi a una procedura di aborto nel paese. Per cambiare lo scenario attuale, il comitato ha suggerito, oltre a misure che garantiscano la pratica della procedura nella rete sanitaria pubblica, la revisione della legislazione che vieta l’aborto, come un modo per renderlo “compatibile con l’integrità e la salute delle donne”.
“Garantire l’accessibilità e la disponibilità di servizi e informazioni adeguati e di buona qualità per la salute sessuale e riproduttiva, compreso l’accesso a servizi di aborto sicuro, compresi i farmaci abortivi, la contraccezione e la contraccezione d’emergenza, per tutte le donne e le ragazze adolescenti del paese, specialmente nelle aree rurali o remote”, ha raccomandato l’ONU. In Brasile l’aborto è considerato un crimine dal 1940, tranne nei casi di gravidanza ad alto rischio, anencefalia fetale e gravidanza derivante da violenza sessuale. Le pene per chi infrange la legge vigente vanno da uno a tre anni di carcere. Quando l’aborto è praticato da terzi, la pena può arrivare fino a 10 anni di carcere.
Le agende progressiste, una volta rimosse dal Brasile durante il governo Bolsonaro, hanno guadagnato ancora una volta forza e sostegno con l’elezione di Lula alla presidenza. Inoltre, l’azione arbitraria del Tribunale federale, che usurpa poteri e agisce come un governo parallelo all’interno del paese, contribuisce al degrado morale della nostra società.