di Roberto Fiore
Ascoltare la televisione o leggere i giornali non dà la possibilità, oggi, di comprendere appieno la situazione nel complesso scenario del conflitto israelo-palestinese, soprattutto per ciò che riguarda la posizione degli Hezbollah e la loro caratura e forza politico-militare, oggi decisiva.
Ricordiamo innanzitutto che, mentre Israele minaccia costantemente di attaccare Gaza, nasconde che nemmeno le piccole porzioni di territorio conquistate da Hamas durante l’ultimo raid, sono state riconquistate. Israele ha bombardato civili, ospedali e chiese di Gaza, ha mietuto 5 mila vittime, ma sul campo non ha conquistato un palmo di territorio. Tutt’altro: ha solamente distrutto. Questo è un modo di fare guerra tipico di Israele che quando subì la sconfitta del 2006 da parte di Hezbollah, si vendicò radendo al suolo i quartieri popolari sciiti.
Hezbollah, sin da quando sono iniziati i bombardamenti israeliani su Gaza, ha bombardato per rappresaglia il Nord di Israele facendo circa 250 vittime mentre gli israeliani, con droni e aerei, sono riusciti a eliminare 25 miliziani Hezbollah. Israele ha dovuto evacuare circa 250 mila persone e 13 centri abitati, arretrando il fronte di 5 chilometri. Le truppe di Nasrallah hanno poi bucato il “muro” che divide Israele dal Libano dando così la possibilità, qualora la situazione del conflitto si aggravasse, a centinaia di migliaia di palestinesi di entrare all’interno del territorio israeliano. Tutti questi elementi, apparentemente nuovi, fanno capire che l’intero equilibrio mediorientale è a rischio e che le possibilità per Israele di mantenere la propria forza, qualora si iniziasse una vera e propria guerra, sono effettivamente molto basse.
L’altro elemento assolutamente importante nella questione è il coinvolgimento nella guerra dello Stato Libanese. Va specificato che Hezbollah è un esercito libanese sciita, regolare, alleato e totalmente coordinato con l’esercito regolare libanese, che è in gran maggioranza cristiano. Mentre Hezbollah cerca di risolvere, da decenni, la questione israeliana, l’esercito libanese e il generale Aoun controllano la situazione nel centro del Libano. A complicare la situazione vi sono circa un milione e mezzo di profughi siriani, teste di ponte degli israeliani e dell’ISIS. Molti di loro militarono nelle formazioni anti Assad e potrebbero costituire un grosso problema a Beirut nel momento in cui si il conflitto si inasprisce. Ma l’elemento ancora più importante è la presenza di circa un milione di palestinesi armati pronti a entrare nello stesso conflitto nel momento in cui questo divenisse generalizzato. Stiamo ascoltando, in questo momento, la minaccia di Natanyahu di portare il conflitto a livello mondiale coinvolgendo il Libano e l’Iran; a questo proposito nelle ultime ore va segnalato che Lavrov si è recato a Teheran e la Cina ha inviato parte della sua flotta nel Golfo Persico.
La Russia di Putin nel momento in cui vi fosse un pericolo di coinvolgimento di queste nazioni, potrebbe intervenire con la potenza militare e nucleare in suo possesso, che non è stata troppo scalfita dal conflitto in Ucraina.
In conclusione: la sola vera soluzione del problema sarà la fine della pericolosa avventura sionista; il tentativo pluridecennale di Israele di soggiogare popolazioni che lì vivevano da sempre, discriminandole costantemente dal punto di vista economico e dei diritti sociali e di giustizia. Sapendo che la cosiddetta “distruzione di Israele” in realtà non è altro che la volontà realista di cambiare un’entità guerrafondaia e razzista in un’entità più grande, la Palestina, nella quale siano confederati, e vivano pacificamente, i Palestinesi (cristiani e musulmani), gli ebrei e minoranze più piccole quali i drusi. L’ Europa gioca solamente in logica filoamericana non capendo che il vento va verso il BRICS ed un futuro assetto multipolare.
Ill.mo Roberto Fiore, il mio pensiero è uguale al suo. Israele, popolo guerrafondaio, palestina terra di cristiani e musulmani ma anche di ebrei.
Palestinesi arabi, ebrei europei ed ebrei africani, hanno convissuto assieme fino a dopo la II guerra mondiale. L’onu, si scrive così ma si pronuncia Stati Uniti d’America, definì i territori e diede al 37% dell’allora popolazione, ovvero agli ebrei, il 60% dei territori e oltretutto, concesse quelli più fertili. Dopo la guerra dei 6 giorni, Israele poté pure contare sull’ importantissima striscia di Gaza che, a tutt’oggi non totalmente, ma è sempre controllata marginalmente da Israele. Io, come dice la mia costituzione, ripudio la guerra ma capisco il popolo palestinese. Auspico uno stato per due popoli, e auspico pure l’interessamento dell’Italia in questo eventuale fragilissimo passaggio, al posto del gigante usa che ha sempre messo becco nelle faccende politiche di questa delicatissima parte del mondo, non risolvendo mai definitivamente la questione Israelo-palestinese. Si vis pacem, para bellum! Spero che non sia così almeno per questa volta.
SOLO GLI EBREI HANNO DIRITTO DI VOTO NELLO STATO DEFINITO “EBRAICO” CIO IN NETTO CONTRASTO CON CIO CHE GENERALMENTE SI DEFINISCE “DEMOCRAZIA”
Guida critica all’atto della discordia sullo Stato nazionale degli ebrei. La novità non è l’affermazione dell’ebraicità del paese, ma l’ennesima tappa verso la democrazia autoritaria e illiberale. L’attacco frontale alla Corte suprema.
di Alon Harel
Pubblicato in: ISRAELE, LO STATO DEGLI EBREI – n°9 – 2018
ISRAELE, DEMOGRAFIA, DEMOCRAZIA
Il 19 luglio 2018 il parlamento israeliano, la Knesset, ha approvato dopo una lunghissima deliberazione la «Legge fondamentale: Israele quale Stato nazionale del popolo ebraico» 1. L’atto statuisce ciò che già dichiara nel titolo: Israele è lo Stato degli ebrei. E include provvedimenti simbolici e operativi pensati per rafforzare il carattere giudaico dello Stato.
Fra questi figurano: la dichiarazione che Israele è il luogo dove si realizza l’autodeterminazione degli ebrei e degli ebrei soltanto; il consolidamento dello status della lingua ebraica; l’ufficiale riconoscimento del nome del paese, della bandiera, dell’inno, dello status di Gerusalemme quale città capitale; la relazione speciale con la diaspora; le festività ebraiche come giorni ufficiali di riposo per lo Stato.
Sia i suoi promotori che i suoi oppositori la percepiscono come una componente fondamentale del diritto costituzionale israeliano.
da subito la mia prima idea è stata che l’attacco palestinese ad Israele sia stato fomentato da Putin per distogliere prima di tutto l’attenzione alla guerra ucraina e secondo costringere Biden a sostenere finanziariamente Israele a danno dell’Ucraina. Non dimentichiamo che la finanza americana è in quasi la totalità nelle mani degli ebrei, ai quali poco,o niente, importa del popolo ucraino dell’Ucraina (malgrado le ricchezze minerarie) mentre, come popolo, da ilv suo pieno sostegno al popolo ebraico. Personalmente mi pare che Israele abbia contravenuto a tutti gli accordi presi nel contratto di acquisto del territorio. Sono d’accordo col fatto che Israele è una minaccia per la pace nel mondo e che andrebbe (uso volutamente il condizionale) cancellato come stato o, perlomeno, che gli sia imposta una forma di governo dove ogni abitante abbia pari dignità e diritti. grazie per l’ospitalità
Enzo Boschi