di Vincenzo Maida
L’omicidio-suicidio avvenuto ieri a Corbetta in provincia di Milano, è soltanto l’ultimo di una lunga serie che ha sullo sfondo una problematica psichiatrica. Vita di Bono di 47 anni avrebbe ucciso il marito Luigi Buccino, originario della Calabria, con un’arma da taglio e poi si sarebbe tolta la vita. La donna ha sofferto di problemi psichiatrici ed ha alle spalle anche un tentativo di suicidio.
Franco Basaglia fu l’ispiratore della legge che chiuse gli ospedali psichiatrici e al loro posto previde i servizi psichiatrici di diagnosi e cura, i gruppi appartamento, le case-famiglia dislocate sul territorio e integrate in esso. La follia, insomma, non più reclusa e curata in un luogo chiuso, ma restituita alla società e alle famiglie che avrebbero dovuto farsene carico. Un nobile e utopistico obiettivo, condivisibile sul piano teorico, ma che si è scontrato con la realtà ed è stato la causa di numerose tragedie.
Ma come venivano curati i pazienti psichiatrici prima del 1978?Secondo i sostenitori della legge 180, essi venivano legati al letto con cinghie e cinture, venivano a volte picchiati, rinchiusi, nascosti e confinati. Erano malnutriti, subivano elettroshock e metodi di contenzione lontani da ogni forma di cura. In verità non in tutti gli ospedali psichiatrici c’erano questi eccessi, ma furono registrati alcuni casi. Attualmente il trattamento viene eseguito in regime ambulatoriale, i mezzi terapeutici a disposizione dovrebbero garantire ai pazienti affetti da disturbi mentali una autonomia sufficiente a permetterne una vita di relazione in famiglia e nella comunità. Ma è facilmente comprensibile che ci si muove in un campo dove è impossibile avere delle certezze e la tragedia può sempre essere dietro l’angolo. Secondo alcuni calcoli degli psichiatri, gli omicidi effettivi attribuibili ad una patologia psichiatrica sarebbe del 5%. Una percentuale che può apparire irrilevante, ma che non tiene conto dei tentati omicidi, dei suicidi e della sofferenza quotidiana delle famiglie che sono alle prese con soggetti affetti da patologie psichiatriche.
Il DL 52/2014 e la legge 81/2014 hanno poi fissato al 31 marzo 2015 la data di chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), i manicomi criminali. Queste strutture, sei in tutta Italia, erano localizzate in cinque regioni (Lombardia, Emilia- Romagna, Toscana, Campania e Sicilia) e ospitavano circa 1.000 pazienti. Al loro posto nacquero le REMS (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza). Si tratta di fatto di strutture chiuse, per soggetti affetti di patologie mentali che hanno commesso delitti efferati.
Come spesso avviene in Italia, con la legge Basaglia si è passati da un eccesso all’altro. I vecchi Ospedali Psichiatrici non andavano chiusi, ma umanizzati e la follia non andava restituita alle famiglie e alla società con le conseguenze che la cronaca ci restituisce impietosa; alcuni mesi addietro anche una psichiatra nel barese fu assassinata da un suo paziente per strada. E intanto registriamo zero investimenti in psichiatria e circa mille psichiatri meno. Mentre dopo il Covid si registra un aumento del 30% delle diagnosi di depressione e altre patologie psichiche che venivano curate, per il distanziamento, a mezzo telefono. Non esattamente il metodo migliore per occuparsi del tema. Speriamo non sia la nuova frontiera della scienza globalista.