di Mattia Taricco

Negli ultimi tempi, le discussioni sulla CGIL hanno preso una piega controversa, focalizzandosi sul richiamo al salario minimo di 9 euro all’ora da parte del segretario Maurizio Landini. Tuttavia, emerge una contraddizione sconcertante: il sindacato, da lui rappresentato, ha recentemente firmato 22 contratti, alcuni dei quali addirittura al di sotto dei 5 euro all’ora, nei settori del commercio, dei servizi e della vigilanza.

Particolarmente discutibile è il contratto nazionale per la vigilanza privata firmato a luglio, che fissa il salario minimo orario a 5,39 euro. La disparità tra le dichiarazioni di Landini e le azioni della CGIL crea un quadro di ambiguità e, in alcuni casi, sembra che il sindacato stia accettando condizioni che definisce come “salari da fame”. Le critiche si estendono oltre la questione salariale. Alcuni lavoratori, sentendosi abbandonati dallo stesso sindacato, sono stati costretti a dimettersi da incarichi o abbandonare l’iscrizione. Landini ha cercato di giustificare questa situazione adducendo la mancanza di obbligo legale per il rinnovo di tali contratti e la scarsa forza del sindacato in quei settori. Tuttavia, questa spiegazione suona come un’ammissione di indifferenza, specialmente considerando che la CGIL ha firmato contratti che si discostano notevolmente dalle richieste salariali avanzate pubblicamente.

Le controversie non si fermano qui. La CGIL è stata condannata in primo grado per truffa ai propri iscritti dall’Istituto Confederale di Zurigo, con l’istituto successivamente disconosciuto dopo l’appello. Questo solleva dubbi sulla trasparenza e sull’integrità del sindacato, poiché i pensionati truffati probabilmente aspettano invano un risarcimento.

Le questioni si complicano ulteriormente se pensiamo alle collaborazioni della CGIL con i datori di lavoro accusati di sfruttamento e gli accordi con il governo Draghi, inclusa l’approvazione del meccanismo europeo di stabilità, mentre ancora di più pesa l’assordante silenzio assenso quando venne imposto il Green Pass ai lavoratori che provocò più di qualche licenziamento o dimissione e che mise sul lastrico decine di famiglie che non avevano accettato il ricatto di Stato. In quella circostanza non una foglia si mosse, anzi. Ciò solleva domande sulla vera rappresentanza degli interessi dei lavoratori da parte del sindacato e sulla sua indipendenza da influenze esterne.

Landini, al centro di molte di queste controversie, sembra essere in un’ennesima contraddizione con il declino degli iscritti negli ultimi anni che mette in dubbio la sua effettiva rappresentanza dei lavoratori. Forse, a osservare le azioni recenti della CGIL, i fondatori del sindacato stanno rivoltandosi nella tomba di fronte a una realtà che sembra allontanarsi dai principi originari della difesa dei diritti dei lavoratori, sempre che essi ci siano mai effettivamente stati.

Share via
Copy link
Powered by Social Snap