di Ruggiero Capone

Prima di monsignor Zuppi c’era Angelo Bagnasco a presiedere la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) ed aveva detto detto “l’ideologia del gender si nasconde dietro a valori veri come parità, equità, autonomia, lotta al bullismo e alla violenza, promozione, non discriminazione… ma in realtà pone la scure alla radice stessa dell’umano per edificare un transumano in cui l’uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di identità”. Il cardinale Carlo Caffarra aggiungeva: “Esiste oggi una cataratta che può impedire all’occhio che vuole vedere la realtà dell’amore di vederlo in realtà. È la cataratta dell’ideologia del ‘gender’ che vi impedisce di vedere lo splendore della differenza sessuale: la preziosità e lo splendore della vostra femminilità e della vostra mascolinità”.

Oggi al vertice della Conferenza episcopale è stato posto Matteo Zuppi, che non vuole andare contro la teoria “gender”. Quest’ultima aveva ricevuto un paio di decenni fa la benedizione laica del conciliabolo noto come WEF (World Economic Forum) che si riunisce a Davos in Svizzera, quindi a pochi passi da quel cantone San Gallo dove l’omonima mafia ha progettato un nuovo Vaticano con la spoliazione patrimoniale del vecchio. Al WEF hanno valutato come il “genderismofavorisca la morte della famiglia, con essa il decremento demografico per assenza di prole: in questa ricetta i “potenti della Terra” hanno ravvisato la chiave per ridurre la presenza umana sul nostro vecchio pianeta. Non paghi d’averci ragionato a Davos (alla presenza ignava e muta d’importanti presuli e politici) hanno fatto in modo che le teorie “gender” raccogliessero il consenso di ONU, UNESCO, UE e poi di governi occidentali: per esempio Justin Trudeau, ventitreesimo Primo ministro del Canada e leader del Partito Liberale canadese, ha avuto l’ardire di chiedere al premier italiano a che punto fossero le aperture alle “quote arcobaleno”. Per dimostrare al mondo che il Canada è tra i primi a seguire i postulati “gender”, un gruppetto di parlamentari maschi ha persino indossato i tacchi a spillo sotto il vestito da uomo.

E’ evidente si cerchi d’ingenerare confusione, instabilità, incertezza. Soprattutto nessun politico s’azzarda a confutare le teorie “gender” temendo l’ira di Davos possa bruciargli la carriera. Del resto è già capitato a quanti (soprattutto italiani) osavano accusare George Soros di ordire cadute di governi e speculazioni finanziarie in danno dell’Italia: non sono stati più candidati, ed i rispettivi partiti li hanno messi alla porta. Così prendevano corpo leggende metropolitane circa diktat imposti da Soros a vertici di Forza Italia come di Pds poi Pd. E’ difficile dire quanto ci sia di vero. E’ certo che oggi da destra a sinistra tutti ben si guardano dall’attaccare apertamente i signori che organizzano il vertice di Davos. Qualche notizia la si può ricavare da ex deputati dei “5 Stelle”: ragazzi che s’erano improvvisati politici anti-sistema, poi una volta eletti non credevano ai loro occhi per aver ricevuto l’invito a partecipare come “uditori” ai lavori di Davos. Ora che sono tornati a fare i bidelli, gli agenti di commercio o sono in cerca d’occupazione, ci raccontano d’aver visto alle riunioni del WEF cose e persone degne d’un opulento film di fantascienza: i poveri ragazzotti italiani di città e di campagna si sentivano persone arrivate, ma a Davos hanno provato sulla propria pelle quel senso d’inadeguatezza che Alberto Sordi raccontava ora nei panni di vigile urbano poi in quelli di migrante e magliaro in Germania. I bambini parlamentari italiani giungevano a Davos con una sorta di “viaggio popolare” con a spalla uno zainetto firmato (lusso del momento). E rimanevano a bocca aperta a cospetto di Bentley, Rolls, Mercedes, Lamborghini… che accompagnavano i “potenti della Terra” al centro convegni di Davos. Velocità e vigore negli spostamenti, e poi un forte vento ed il servizio di sicurezza (uomini in nero e con occhiali da sole a mascherina) bloccavano gli italiani “grillini” con lo zaino perché stava atterrando l’elicottero di David Rockefeller junior: ai politichetti cascava la mascella (come dicono a Roma). Rimanevano lì a guardare a bocca aperta i vari “potenti della Terra” intenti a salutarsi e sorridere: notavano che tutti tra loro si conoscevano da generazioni, e che correva la stessa confidenza in uso tra principi e marchesi nelle corti dei monarchi seicenteschi. In quel preciso momento precipitavano le velleità dei ragazzi, che speranzosi credevano fosse stata loro aperta la stanza dei bottoni. L’espressione dei loro occhi si faceva a mezzo tra quella di un fan al concerto dei Rolling Stones ed Alberto Sordi in “Detenuto in attesa di giudizio”. Pensavano d’aver raggiunto il potere, d’aprire i palazzi come fossero scatole di sardine. Chiunque, a cospetto del potere di Davos, si mormora percepisca il profondo discrimine tra popolo ed élite.

Il problema è che la Chiesa di Roma deve storicamente il proprio potere al consenso dei popoli, ma oggi sembra non voglia confutare programmi e teorie dell’élite. Il gendersismo sta pervadendo istruzione e divulgazione culturale, comunicazione e politica, ed i rappresentati del popolo temono che contrastarlo comprometta le loro carriere, che determini la loro esclusione da confronti televisivi e convegni. Temono che contrastando le teorie “gender” possa su loro abbattersi l’oblio. Eppure, per quanto potenti, i propalatori di questo programma deviante sono numericamente insignificanti rispetto agli otto miliardi di umani. L’unica variate, da prendere sempre con beneficio d’inventario, è Elon Musk (Amministratore delegato di Tesla) che ci ha detto senza mezze misure che i “potenti della Terra” odiano l’umanità, che vorrebbero questo bel pianeta tutto per loro. Per starci belli larghi, senza che occhi indiscreti e popolari possano censurare il loro abbigliamento omosex, soprattutto che nessun tribunale li possa accusare d’usare i figli dei poveri umani come giocattoli.

Fonte: lapekoranera

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