di Luigi Cortese
Il 6 dicembre si insedierà il “Tavolo Sviluppo Automotive”, nato dall’interlocuzione tra il governo e Stellantis, e proprio quest’ultima, tramite il suo portavoce, annuncia di avere precise condizioni, che ritiene la strada maestra per arrivare agli obiettivi fissati dal ministero delle Imprese.
La dichiarazione di Stellantis è: “Per raggiungere le diverse ambizioni e sostenere il mercato automobilistico sono però necessari specifici fattori abilitanti, come il rinvio o la rimozione della normativa (Euro 7) che impedisce la continuazione della produzione di modelli a prezzi accessibili in Italia, gli incentivi alla vendita di veicoli elettrici e la rete di ricarica per sostenere i clienti e il miglioramento del costo dell’energia per sostenere la competitività industriale di Stellantis e dei fornitori italiani”.
In poche parole, una specifica richiesta di soldi pubblici per sostenere il settore automotive, sconti sul prezzo dell’energia e mantenere in vita i motori endotermici come sono adesso rinunciando all’evoluzione. Tre conditio sine qua non che l’azienda pone come imprendiscibili per sedersi al tavolo. Tavolo che vedrà seduti anche sindacati ed i presidenti delle regioni dove hanno sede gli stabilimenti Stellantis e Anfias. L’azienda vuole far passare la sua presenza al tavolo come “il proprio forte impegno nei confronti del Paese” e “la volontà di creare le condizioni per mantenere il ruolo di leader dell’Italia al centro della strategia”.
L’Italia ha sostenuto l’automotive targato FIAT con enormi somme di fondi pubblici: oggi l’azienda Franco-Italiana Stellantis cerca di fare la stessa cosa. Arrivando a sedersi ad un tavolo con il governo forte del suo ruolo da monopolista, cercando di dettare le regole del gioco.
Ma perché queste richieste non le presenta anche alla parte francese? Eppure tutta la dirigenza Stellantis ha sede a Parigi e non a Roma o Torino. Inutile girarci attorno: l’Italia ha ormai perso la sua azienda di automotive e, se facciamo i conti di quello che i vari governi hanno dato a Fiat, forse un governo veramente “sovranista” o “patriottico” avrebbe in qualche modo cercato di nazionalizzazione l’azienda senza farla scappare all’estero. Invece eccoli pronti a sedersi ad un tavolo con un’azienda francese e darle tutto quello che vogliono.