di Luigi Cortese
125 voti a favore, 48 contrari e 9 astenuti. Con questi numeri i Paesi africani battono UE e USA all’assemblea ONU, facendo passare la loro risoluzione che chiede di creare una convenzione quadro sulla tassazione globale per riscrivere le regole attuali e renderle “inclusive ed efficaci”. L’obiettivo è combattere paradisi fiscali e abusi di super ricchi e multinazionali.
Il primo ad auspicare tale situazione fu l’economista Premio Nobel Joseph Stiglitz, co presidente dell’Independent commission for the reform of international corporate taxation, che riteneva l’architettura fiscale globale, negoziata da 140 Paesi in sede Ocse e concordata due anni fa a livello del G7 e del G20, inefficace e iniqua perché i vantaggi dei Paesi poveri e in via di sviluppo sarebbero scarsi.
L’Italia, come tutta l’Europa, si è espressa con voto contrario; ricordiamo che il prossimo anno proprio qui entrerà in vigore la tassa minima del 15% sulle multinazionali, anche se fortemente indebolita dalle esenzioni e scappatoie inserite in corsa. Contrari anche gli Stati Uniti, che non avevano ratificato l’accordo Ocse, e il Regno Unito. Mentre la Cina ha votato a favore.
Questa risoluzione ha un potere enorme: sposta le regole economiche e fiscali oggi a favore del mondo industrializzato verso i paesi emergenti, tagliando finalmente le gambe a chi gode di regimi fiscali agevolati, altamente sproporzionati se paragonati ai volumi d’affari espressi.